Probabilmente, non ricorda che fa parte anche lui di quel popolo di migranti che ha invaso le altre terre, non sa che lo è ancora e non pensa veramente a cosa sarebbe il suo Paese senza quegli immigrati tanto odiati. Eppure, di questi smemorati in Italia ce n’è sempre di più. Spesso non si sentono xenofobi e, all’accusa, rispondono: “Io non sono razzista, è solo che gli immigrati sono spesso delinquenti. E poi, bisogna pensare prima agli italiani”. Senza sapere, però, che “pensare agli italiani” significa anche “pensare agli immigrati”.
Potrà esservi capitato nella vita di essere stati vittime di qualche sopruso. Quante volte, però, nella realtà e non negli scoop, a commetterli sono gli immigrati? Se si pensa bene, e i numeri dicono lo stesso, è più statisticamente probabile che abbiate problemi con un italiano piuttosto che con uno straniero. Eppure, la strumentalizzazione politica e mediatica è riuscita a convincere l’italiano medio che è giusto aver paura dell’immigrato. Un pregiudizio che dal migrante clandestino si allarga, poi, a tutti gli stranieri residenti nel Paese. Molti dei quali, ormai italiani a tutti gli effetti. Nonostante sia solo una leggenda, si prova l’istintiva paura che un rom possa rubare il proprio figlio o che possa commettere uno stupro. In realtà, non è mai capitato che un rom rubasse dei bambini, così come i reati contro le donne avvengono principalmente dentro le mura domestiche. Questo non vuol dire, ovviamente, che gli stranieri siano tutti santi, ma solo che occorre valutare la questione con lucida razionalità. Insomma, la conoscenza rende liberi. Liberi da quelle paure cavalcate dalla politica per pilotare le decisioni.
Anche solo per la legge del contrappasso, però, occorre fare i conti con noi stessi e rimembrare che, un secolo fa, migliaia di italiani sono saliti su treni e navi a vapore per intraprendere il viaggio della fortuna che li avrebbe fatti uscire dalla miseria. All’inizio sono stati quelli del Nord, raggiunti poi dai meridionali. Hanno invaso Stati Uniti ed Europa, spesso portando anche criminalità e miseria. Da allora, poco è cambiato. Gli italiani continuano a fuggire, solo che adesso non si tratta più di contadini e braccianti con le valigie di cartone, ma di giovani spesso laureati che abbandonano un Paese che non gli offre prospettive. L’Eurostat ha pubblicato recentemente un rapporto sulla popolazione straniera in Europa. Ebbene, dopo Turchia, Romania, Marocco e Polonia, sono proprio gli italiani i cittadini stranieri più numerosi nel continente
D’altronde, il razzismo è un fenomeno grossolano e tribale, che lascia poco spazio alle sottigliezze. In termini qualitativi, il meccanismo nasce quando un popolo riversa sul diverso da sé proprie paure e frustrazioni. Tanto più quanto lontani sono i suoi usi e i suoi costumi. Il fattore numerico gioca anche la sua parte. E cioè, più si incontrerà quella gente per strada e più questa sarà la vittima su cui riversare quelle paure e frustrazioni.
L’era della ricca Italia, però, è finita. A poco serve incolpare gli altri; sarebbe utile, invece, iniziare a concentrarsi su se stessi, su come uscire dalla rassegnazione e pretendere competenza dai propri rappresentanti. Insomma, occorre riprendersi quei giovani andati via e che, differentemente dai viaggiatori oltre confine, non scappano per scelta, ma per necessità. Una volta partiti, non tornano più, tra amarezza e nostalgia per un Paese che non li vuole ma al quale rimangono visceralmente attaccati. D’altronde, si sa, l’italiano coltiva e ama le proprie radici.
Menomale, allora che, tra tanti che se ne vanno, ci sia qualcuno che invece ancora entra. Sennò, tra nascite zero e fughe all’estero, il Paese sarebbe condannato al fallimento. L’ultimo rapporto dell’Istat lo dice chiaro: senza gli immigrati l’Italia sarebbe un Paese di vecchi,i cittadini stranieri residenti in Italia al primo gennaio 2010 sono 4.235.059, pari al 7,0% del totale dei residenti. Senza questo apporto, l’Italia sarebbe un Paese con popolazione in diminuzione: nel 2009, quelli con cittadinanza italiana sono diminuiti di circa 75 mila unità. “L’incremento di quella complessivamente residente nel nostro Paese (italiani e stranieri), – dice l’Istat – è dovuto, pertanto, interamente alla dinamica naturale e migratoria dei residenti stranieri”.
E poi, contro una radicata rassegnazione che ormai ci contraddistingue, c’è chi tiene invece ancora alto umore e speranza nel futuro, chi fa ancora figli e lavora nelle fabbriche. E c’è, addirittura, chi ci insegna a ribellarci alla ‘ndrangheta, come è successo a Rosarno, nel calabrese, quando qualche tempo fa un gruppo di braccianti africani hanno duramente protestato contro le condizioni disumane in cui erano costretti a lavorare. Questi sono gli immigrati, categoria bistrattata ancor più dove si vive male, ma che dovrebbe invece, anche egoisticamente, esser ben tenuta stretta.
Ancor più che il 22% del totale degli stranieri, cioè 932.675, è costituito da minori
Considerando che l’incidenza dei minori italiani figli di italiani sul totale è ben inferiore, è oggettivo dire che sono loro i futuri cittadini del Paese. Per questo, dunque, quando li si destina a classi scolastiche di second’ordine o li si emargina dalla società, occorre pensare che in realtà si sta condannando il futuro del proprio Paese.