Nella foto: Gianluca e Massimiliano De Serio. Foto di ©Berlinale

Ecco l’unico film italiano passato per la Berlinale di quest’anno, presentato nella sezione “Forum”. Si intitola “Canone effimero”, girato dai fratelli Gianluca e Massimiliano De Serio, ed è una vera perla, una scoperta inattesa. Si tratta di un documentario girato col cuore oltre che con tecnica raffinata e autentico amore per l’oggetto di cui tratta. Lo stile è rigoroso sul piano estetico ed etico, e gli applausi scroscianti del pubblico che ha affollato le proiezioni della pellicola nel corso del festival testimoniano dell’entusiasmo con cui è stato accolto. Quello che propongono i De Serio è un viaggio etnomusicale attraverso terre sconosciute, così da portare alla luce e far conoscere una cultura fatta di tradizioni musicali frammentarie, per lo più tramandate solo in forma orale e perciò a rischio di scomparsa, sopravvissute fino ad oggi.

Articolato in undici capitoli, o “reperti” come vengono denominati, il viaggio del documentario ci porta in varie località della penisola, attraversando Sicilia, Calabria, Marche, Liguria. Ci mostra artigiani che con grande accuratezza e meticolosità costruiscono strumenti artigianali, trascrivono testi di canti popolari, eseguono musiche. Non emergono affatto spunti nostalgici o campanilisti, come ci si potrebbe attendere in un’indagine di questo genere sulle tradizioni locali. Le immagini intrecciano ambienti rurali rimasti incontaminati dal progresso tecnologico e varie forme tradizionali di fare musica, suggerendo un quadro d’insieme certamente anacronistico, ma non per questo poco interessante e poco coinvolgente.

Nella foto: Scena del flm Canone effimero. Foto di ©Berlinale

È impossibile descrivere con le parole la magia di questa fascinosa pellicola. Si pensi solo ai titoli che i fratelli De Serio hanno dato ai loro “reperti”: “Osserva l’ordine naturale”, “Ascolta i tuoi maestri”, “Ama fino alla fine”, “Affronta la tua paura”, “Ricorda”: una serie di esortazioni che non corrispondono a imposizioni dogmatiche, bensì a suggerimenti per vivere secondo natura e migliorare la propria qualità di esistenza. Tra canti polivocali delle donne arbëresh in Lucania, litanie ipnotiche dei Monti Nebrodi in Sicilia, esecuzioni polifoniche a Ceriana nell’entroterra ligure, canti popolari d’amore e di lotta, “Canone effimero” riproduce l’andamento tipico dei canoni musicali, con un gioco di ripetizione e sovrapposizione delle voci. Le tradizioni etnomusicali si tramandano di generazione in generazioni in una miscela di continuità e trasformazione.

            Con le seguenti parole i due registi hanno spiegato le motivazioni che hanno portato a girare “Canone effimero”: «Nei nostri lavori rientra spesso l’importanza della voce collettiva come strumento di lotta e sopravvivenza. Crediamo che questo film sia un nuovo tassello in questo senso, un film che nasce dalla necessità di voler raccontare un paese che non conosciamo più. Dei luoghi, delle persone, dei canti che non vengono considerati, se non in ambito accademico. Da qui abbiamo iniziato a studiare insieme a degli etnomusicologi che ci hanno aperto l’orizzonte. La cosa fondamentale era quella di raccontare l’Italia dei paesi meno battuti, lontani dalla narrazione tradizionale. “Osceni”, nel senso di fuori dalla scena. Luoghi che noi abbiamo rimesso al centro dello sguardo».