Nella foto: Guerra in Palestina. Foto di © hosny salah su Pixabay

“Se uno farà una lesione al suo prossimo, si farà a lui come egli ha fatto all’altro: frattura per frattura, occhio per occhio, dente per dente; gli si farà la stessa lesione che egli ha fatto all’altro.” (Levitico 24, 19-20).

Tutte le persone di buon senso credo che abbiano subito simpatizzato per Israele e le sue vittime – compresi gli ostaggi – dopo l’infame attacco di un anno fa, ma in modo altrettanto generale tutti capiscono che è ora di ragionare, di fermarsi, di mediare una tregua per non coinvolgere altri milioni di civili in una situazione che deve garantire la sicurezza di Israele, ma anche le popolazioni vicine. Ciò premesso era facile prevedere che le manifestazioni “pro Palestina” almeno in Italia sarebbero degenerate in scontri violenti con la polizia che pur ha tenuto un atteggiamento “morbido”. Ma i violenti non ragionano, non sono interessati alle vere motivazioni di una protesta, vogliono solo creare disordini. A Roma si è comunque sfiorato anche l’assurdo: sono infatti scese in piazza contro Israele anche le associazioni gay, femministe di ogni ordine e grado e attivisti dei diritti Lgbtq+ che francamente poco c’entravano con la guerra in Medio Oriente anche perché in quale altro paese medio-orientale se non proprio SOLO in Israele vengono difesi i diritti di queste persone? Non certo nelle nazioni arabe dove l’omosessualità è ufficialmente bandita o in quei molti stati musulmani dove se si è colti in flagrante si rischia anche la pena di morte.

Con l’operazione Al-Aqsa Flood lanciata da Hamas, l’infinita guerra tra Israele e Palestina è arrivata ad una svolta storica. L’attacco, partito da Gaza sabato 7 ottobre 2023, mirava alla liberazione dei prigionieri politici nelle carceri israeliane, protesta per la violazione dei luoghi sacri musulmani da parte di Israele e gli attacchi dei coloni contro i civili palestinesi. Le brigate Ezzedine al-Qassam, la formazione combattente del partito Hamas hanno dato il via ad un’azione che ha sorpreso le difese israeliane, gran parte degli analisti e gli stessi palestinesi, attaccando il territorio d’Israele via terra, via mare e dall’aria, con un lancio di razzi a lunga gittata senza precedenti. Il governo israeliano ha reagito annunciando l’operazione Spade d’Acciaio, mentre il primo ministro Benjamin Netanyahu aveva avvertito che Gaza sarebbe diventata “un’isola deserta”; ed infatti ci vorranno 320 anni per poterla far ritornare come un tempo.

Questo ennesimo atto di violenza si inserisce in una escalation che negli ultimi anni aveva raggiunto picchi elevatissimi. Dal 2008 a oggi, sono 6407 i palestinesi uccisi da militari israeliani. Erano 308 le vittime israeliane nello stesso periodo. Da febbraio 2022 le forze israeliane hanno ucciso quasi 220 palestinesi, di cui 35 solo nel gennaio 2023. Gaza è un piccolo territorio palestinese autonomo, passato sotto l’occupazione israeliana, insieme alla Cisgiordania e a Gerusalemme Est, dopo la guerra arabo-israeliana del 1967. Alla fine del 2022 vivevano nella Striscia di Gaza 2.375.259 persone. Le bambine e i bambini rappresentano il 47% dei due milioni di abitanti di Gaza. Si tratta di una delle zone più densamente popolate del mondo. Confinante, con Israele ed Egitto sulla costa mediterranea, la Striscia di Gaza è circa 365 kmq. In epoca ottomana l’area apparteneva alla Grande Siria, una Regione che comprendeva la Palestina fino al Giordano, la Siria e gran parte del Libano.

Durante la prima guerra arabo-israeliana fu occupata dall’Egitto. Nella guerra del 1956 fu occupata dagli israeliani insieme al Sinai, ma restituita all’Egitto grazie all’intervento dell’Onu e degli Stati Uniti. Tornò ad essere occupata da Israele durante la guerra dei sei giorni del 1967. Dal 2012 l’Onu riconosce la Striscia come parte dello Stato di Palestina. Israele sostiene che la sua occupazione di Gaza è cessata da quando ha ritirato le sue truppe e i suoi coloni dal territorio, ma il diritto internazionale considera Gaza un territorio occupato poiché Israele ha il pieno controllo dello spazio. Il blocco, in particolare, viola l’articolo 33 della Quarta Convenzione di Ginevra, che vieta le punizioni collettive che impediscono la realizzazione di un’ampia gamma di diritti umani.

Dall’inizio dell’assedio, Israele ha lanciato quattro attacchi militari di lunga durata contro Gaza: nel 2008, 2012, 2014 e 2021. In nessuno di questi casi c’era stata un’operazione di attacco militare da parte di Hamas. Ciascuno di questi attacchi ha esacerbato la già terribile situazione. Migliaia di palestinesi sono stati uccisi, tra cui molti bambini e decine di migliaia di case, scuole e edifici per uffici sono stati distrutti. La ricostruzione è stata quasi impossibile perché l’assedio impedisce ai materiali da costruzione, come acciaio e cemento, di raggiungere Gaza. Nel corso degli anni, gli attacchi missilistici israeliani e le incursioni di terra hanno danneggiato anche gli oleodotti e le infrastrutture di trattamento delle acque reflue di Gaza. Di conseguenza, le acque reflue spesso penetrano nell’acqua potabile, provocando un forte aumento delle malattie trasmesse dall’acqua. Secondo le Nazioni Unite, più del 95% dell’acqua di Gaza non è più potabile. Molte case a Gaza fanno affidamento su pompe elettriche per spingere l’acqua in cima all’edificio. Niente elettricità per loro significa niente acqua. Ecco perché è ora di dire basta, si trovi veramente una soluzione per una Pace duratura e mai più la legge del taglione!