La violenza psicologica è una forma di maltrattamento in cui vengono utilizzate parole offensive e denigratorie verso la persona che si ha di fronte, al fine di sopraffarla, sminuirla o umiliarla
È un abuso emotivo che mira a instillare paura nella vittima, per poterla controllare e manipolare.
Secondo la definizione dell’antropologa Franciose Heritier, la violenza è “qualsiasi costrizione di natura fisica o psichica, che porti con sé il terrore, la fuga, la disgrazia, la sofferenza o la morte di un essere animato; o ancora qualunque atto intrusivo che ha come effetto volontario o involontario l’espropriazione dell’altro, il danno, o la distruzione di oggetti inanimati”.
Mentre la violenza fisica è inflitta sul corpo, l’arma della violenza psicologica è la parola, che viene usata per colpire la sfera mentale e psichica della persona, minandone il valore, l’autostima, la dignità e il senso d’identità. La violenza psicologica è sempre presente insieme alle altre forme di violenza come quella fisica, ma può presentarsi anche da sola.
Nell’immaginario collettivo, la violenza psicologica è considerata una violenza “meno grave”, “più pulita” o “più ammissibile” di quella fisica. In realtà, le sue conseguenze possono essere altrettanto devastanti per le vittime e i danni possono essere gravi come quelli della violenza fisica.
La violenza psicologica è una violenza subdola. Non lasciando i segni visibili tipici della violenza fisica, frequentemente rimane nascosta a lungo. Poiché rientra nell’area della soggettività, viene sottovalutata o non viene riconosciuta, né da chi la subisce né dalle altre persone. Di conseguenza, è particolarmente difficile intervenire e porre rimedio a una situazione di violenza psicologica.
Tipi di violenza psicologica
Possiamo distinguere delle tipologie di violenza psicologica in base al contesto in cui si manifesta:
1. Nella coppia: la violenza psicologica si presenta soprattutto nella relazione di coppia. Può essere esercitata da parte dell’uomo nei confronti della donna, il che è statisticamente più frequente, o viceversa. Secondo una stima dell’OMS, ben il 35% delle donne in tutto il mondo ha subito una violenza psicologica. In Italia il 26,4% delle donne ha subito una violenza psicologica da parte del compagno, con circa 7 milioni di donne vittime ogni anno. Sarebbero invece 3 milioni gli uomini che la subiscono, nella forma di denigrazione riguardo alle capacità familiari, sessuali e lavorative e di alienazione parentale in seguito a una separazione.
2. In famiglia: i bambini possono essere vittima di violenza psicologica esercitata dai genitori in forma di rimproveri continui, disapprovazione e manipolazione. Le conseguenze sono danni psicologici profondi e traumi, con conseguente scarsa autostima, problemi nello sviluppo e comportamenti devianti da adulti. Questo tipo di violenza può avvenire anche tra altri membri della famiglia.
3. Al lavoro: la violenza psicologica avviene anche sul lavoro. Degli esempi sono il mobbing (bullismo sul posto di lavoro) e il gender gap (differenza di trattamento, di retribuzione e di opportunità tra donne e uomini). In questi casi, è particolarmente difficile sia trovare supporto da parte dei colleghi sia dimostrare l’abuso.
4. A scuola, nelle amicizie e in altri ambiti della società: si può parlare di violenza psicologica in qualsiasi contesto avvengano aggressioni verbali che causano sofferenza, per esempio quando un docente sgrida e umilia ripetutamente un alunno.
Esiste anche una classificazione della violenza psicologica in cui si distinguono 10 categorie, che si riferiscono a diversi modi di assoggettare l’altro. Queste sono:
1. controllo della libertà di movimento;
2. delle frequentazioni;
3. del comportamento;
4. dei mezzi finanziari;
5. dei gusti;
6. del pensiero;
7. dello spazio sonoro;
8. del tempo;
9. dello spazio fisico,
10. della comunicazione.
Caratteristiche
La violenza psicologica non ha un solo aspetto. I comportamenti che possono essere messi in atto sono molteplici e possono variare in intensità e frequenza, ma ci sono due caratteristiche che sono sempre presenti e facilmente riscontrabili:
1. La ripetitività: la violenza psicologica non avviene in un singolo episodio, ed è per questo che si genera un danno psicologico sulla vittima. Si presenta con schemi reiterati e frequenti, che possono;
• rafforzarsi nel tempo: assumono sempre maggior gravità (per esempio, all’inizio telefonate insistenti e con il tempo umiliazioni verbali), essendo più facili da smascherare e frenare;
• avere un andamento ciclico: si alternano momenti di apparente riappacificazione e armonia, il che rende la violenza ancor più subdola.
2. L’asimmetria della relazione: esiste una dinamica di potere e possesso. I due partner non sono sullo stesso piano, ma uno prevale sull’altro.
Come riconoscere la violenza psicologica?
Ci sono dei comportamenti e delle parole a cui prestare attenzione per cercare di identificare questa forma di violenza.
Ecco alcuni dei comportamenti psicologicamente violenti più comuni, con relativi esempi di frasi violente che possono essere pronunciate:
1. Umiliazioni, svalutazioni, critiche, commenti negativi, ridicolizzazioni, generalizzazioni, per esempio:
“Non vali nulla”, “Sei stupido/a”, “Sei un fallimento”, “Sbagli sempre”, “Ma che moglie/marito sei”, “Non capisci mai niente”, “Non te lo spiego perché potresti arrivarci”, “Un bambino farebbe meglio”, “Ma come sei vestito/a”.
2. Intimidazioni e minacce, per esempio:
“Me la pagherai”, “Vedrai che te ne farò pentire”, “Non vedrai più i tuoi figli”, “Se non lo fai ne pagherai le conseguenze”.
3. Controllo (di telefono/e-mail, dell’abbigliamento, degli spostamenti, etc), per esempio:
“Perché hai mandato un messaggio a quella persona?”, “Chi ti ha chiamato ieri?”, “Dammi il tuo telefono”, “Indossa questo abito”, “Dove sei andato/a?”.
4. Isolamento da amici e familiari e gelosia patologica, per esempio:
“Ti sembra il caso di uscire con quella persona?”, “Non ti rendi conto che ti stanno usando?”, “Non uscire con quei tuoi amici”.
5. Ordini, per esempio:
“Portami da mangiare adesso”, “Non truccarti”.
6. Accuse e negazione dell’abuso, per esempio:
“È colpa tua se faccio così”, “Mi stai trattando male”, “Sei tu che mi hai fatto arrabbiare”, “Te la sei andata a cercare”, “Se ti comportassi meglio questo non accadrebbe”.
7. Trascuratezza emotiva: abbandono, indifferenza alle richieste di affetto, violenza del silenzio (negare la parola finché non si ottiene ciò che si desidera).
8. Gaslighting: è una manipolazione psicologica in cui si destabilizza la vittima attraverso la negazione di fatti realmente accaduti con l’intento di farla dubitare di sé stessa e confonderla. Degli esempi sono:
“Ti ricordi male”, “Non è mai successo”, “Perché ti inventi le cose?”.
Conseguenze per la vittima
Le conseguenze della violenza psicologica per la vittima possono essere molto serie, sia sul benessere mentale che fisico.
L’impatto più forte che la violenza psicologica esercita è quello sull’autostima e sul senso d’identità. Le vittime si sentono inadeguate, incapaci e impotenti. Terrorizzate, indifese e silenziose, spesso si sentono responsabili e provano sentimenti di colpa e vergogna. Capita persino che si convincano di meritarsi gli abusi che subiscono e che sviluppino una dipendenza dall’abusante, creando così un circolo vizioso di maltrattamenti.
La psichiatra americana Herman afferma che questi maltrattamenti “sono paragonabili, negli effetti psicologici che provocano sulle vittime, ad altre situazioni traumatizzanti come i disastri naturali, le guerre i sequestri di persona”.
La violenza psicologica può persino portare allo sviluppo di disturbi psicosomatici e mentali come disturbi del sonno, ansia e panico. Secondo degli studi, una donna vittima di violenza corre un rischio di cadere in un disturbo depressivo 5 o 6 volte più alto rispetto a chi non ha subito violenza e ha anche una probabilità significativamente più elevata di sviluppare un disturbo da stress-post-traumatico.
Inoltre, secondo gli esperti, una vittima di violenza di qualsiasi tipo presenta un rischio maggiore di incorrere in un problema di salute. Per esempio, il rischio di sviluppare un cancro alla cervice uterina è dalle 2 alle 6 volte più elevato in chi ha subito una violenza rispetto a chi non ne ha subito.
Come sono gli uomini violenti?
Un uomo che mette in atto forme di violenza psicologica è tendenzialmente possessivo, ha un forte bisogno di controllare il/la partner e di essere ammirato e manca di empatia.
Dietro a queste caratteristiche si celano sempre delle profonde insicurezze e una scarsa autostima.
Questi tratti della personalità sono talvolta riconducibili a un disturbo della personalità, come il disturbo narcisistico o il disturbo antisociale di personalità.
Relazioni “tipo” in cui spesso si instaurano queste dinamiche
Secondo gli esperti, i maltrattamenti psicologici si sviluppano maggiormente nelle relazioni tossiche e perverse, caratterizzate da un’asimmetria tra i membri della coppia e da un senso di distorsione della realtà da parte dell’abusante.
In queste relazioni esiste un senso di competitività e una lotta per la supremazia, incitati da uno dei partner nel tentativo di prevaricare sull’altro. Come risultato, si avranno delle dinamiche disfunzionali nel rapporto, che possono condurre a una crescente spirale di violenza.
Perché è difficile “uscirne”?
Una delle caratteristiche di queste modalità relazionali è la circolarità. In molti casi, ai momenti di abusi e maltrattamenti, seguono fasi di riconciliazione, equilibrio e richieste di perdono. In questo modo il legame affettivo si riconsolida ed è sempre più complicato riconoscerne la tossicità.
In più, le continue manipolazioni portano la vittima a pensare che “sia normale”, che “stia scherzando”, che “è il suo modo di dimostrare amore” o addirittura che si è colpevoli, che ci si merita l’abuso o che è piacevole ricevere questo trattamento.
È normale che sia difficile venirne fuori. È per questo che è fondamentale chiedere aiuto per abbandonare la relazione, insieme a un lavoro interno per accrescere la consapevolezza e l’amore per sé stessi.
Come difendersi e reagire?
Di fronte alla violenza psicologica, è importante trovare il coraggio di reagire, e smettere di pensare che si può “conviverci”.
Ecco dei consigli pratici su come difendersi e reagire:
1. Non minimizzare i suoi comportamenti e ammetti a te stesso/a di stare subendo una violenza.
2. Ripeti a te stesso/a che non ti meriti questi maltrattamenti e che non è colpa tua. Concentrati su te stesso/a, riconoscendo il tuo valore.
3. Stabilisci dei confini ed inizia ad esigere rispetto. Trova il coraggio di dire frasi come: “Non è colpa mia”, “Prenditi le tue responsabilità” o “Non urlarmi mai più”.
4. Smettila di compiacere l’altro e non entrare in discussioni inutili. Evita di scusarti e di giustificarti.
5. Abbandona la speranza che l’altra persona possa cambiare e rendi la tua salute mentale una priorità.
6. Allontanati prima possibile e taglia tutti i contatti. Se non ti è possibile immediatamente, inizia a pensare a un piano di uscita dalla violenza. Non esitare a chiedere aiuto ai tuoi cari, a uno psicologo e a dei centri antiviolenza.
7. Dedicati del tempo per sanare le tue ferite ed abbi pazienza. Anche qui, richiedere aiuto è di fondamentale importanza.
Come farsi aiutare?
Chiedere aiuto è fondamentale, e non solo ad amici e familiari, ma anche alle strutture specializzate. I centri antiviolenza offrono ascolto, accompagnamento nel percorso di uscita dalla violenza e supporto legale alle vittime.
La violenza psicologica fa parte del reato di maltrattamento intrafamiliare. È consigliabile denunciare alle Forze dell’Ordine prima possibile, da un lato perché esiste la prescrizione (dopo alcuni mesi le accuse decadono) e dall’altro perché non si deve aspettare che la situazione degeneri e che le conseguenze divengano ancor più disastrose.