Ci dobbiamo preoccupare? Alcuni dicono di sì alcuni dicono di no.
Il Corriere d’Italia è un mensile e pertanto destinato ad approfondire e commentare fatti già passati alla stampa con la velocità della luce. Grossi titoli e affrettati commenti ci danno la possibilità di riflettere su tendenze, fatti e avvenimenti del mese passato.
Il mese di gennaio, per esempio, ha lasciato un’impressione focalizzata attorno alla discussione su crescenti atteggiamenti definiti fascisti nelle nostre società. Nelle nostre società significa in Germania, dove viviamo e in Italia, da dove veniamo.
Infatti, mai come ora, sia in Italia sia in Germania, aumentano pubbliche dichiarazioni ed eventi sia palesi sia segreti che fanno tornare alla mente la spaventosa faccia del fascismo.
Cominciamo con la Germania
La pelle d’oca è venuta a tutti i tedeschi con una coscienza democratica, quando hanno appreso dalla rete d’informazione “Correktiv” che a novembre del 2023 ha avuto luogo in un albergo di Potsdam una riunione tra soggetti del partito di estrema destra AFD e membri del movimento “IB” “Identitären Bewegung”, tra cui importanti imprenditori, per discutere (attenzione, questo non è uno scherzo!) come cacciare via dalla Germania tutte le persone tedesche e non tedesche con una biografia da migrante e in opposizione alle idee dei due movimenti.
Avete capito? Questi s’incontrano in un albergo non per fare un bel fine settimana rilassante bensì per discutere la cacciata dalla Germania in massa di milioni di esseri umani.
Vabbè, sono solo dei poveri pazzi. Sì, ma non è detto che i pazzi non siano pericolosi, soprattutto se appartengono a un partito politico tedesco che si avvicina al trenta per cento dei consensi.
Anche se certamente pazzi, comunque non pochi e non isolati, visto che appartenenti alla AFD cercano la vicinanza di altri movimenti di estrema destra come quelli della “IB” (questo legame la AFD lo aveva sinora negato), i quali hanno coniato il termine di “Remigration”, una “remigazione” che vuole, cioè, rispedire indietro gente che è arrivata in Germania da chissà dove e che significa semplicemente “deportazione”.
Lo sdegno di fronte a questa notizia è stato sincero e diffuso. Una marea di persone è scesa in piazza in numerose città tedesche (il 19 gennaio ad Amburgo erano in trentamila, qualche giorno dopo in trecentomila a Colonia, Monaco e Berlino, in tutta la Germania un milione e mezzo di persone!) per protestare contro ogni forma di fascismo e nazionalsocialismo in Germania, dove il ricordo della Conferenza di Wannsee del 1942, durante la quale fu stabilito la deportazione sistematica degli ebrei, rischia di sparire dalla memoria collettiva, occupando solo poche righe nei libri di storia contemporanea.
Il Presidente della Repubblica Federale Walter Steinmeier ha preso la parola: ”Restiamo uniti contro i nemici della Democrazia”.
Non è mancata la richiesta di divieto del partito AFD, che si è subito affrettato ad espellere quel segretario che aveva partecipato ai “lavori” della conferenza sul “Come cacciare via dalla Germania tutti quelli che ci stanno sullo stomaco, quelli che hanno un passaporto tedesco e la pelle nera, quelli che inquinano la purezza della razza e della cultura germanica”.
I vertici della AFD, già sotto il mirino dei servizi segreti tedeschi con il sospetto di essere sovversivi, hanno capito di aver tirato troppo la corda.
Alla fine, tutti i partiti dell’arco democratico tedesco sembrano comunque convergere nell’opinione che un divieto di questo partito politico è poco praticabile e che comporta rischi incontrollabili.
E in Italia?
Nel frattempo, in Italia abbiamo un nuovo Governo che è capeggiato dal partito “Fratelli d’Italia”. Questo partito è nato dalla divisione del “Popolo della Libertà” e riconosce le proprie radici e legami con la tradizione politica di “Alleanza Nazionale”, quel partito post-fascista che, a sua volta, è stato ancorato per anni al partito di ispirazione neofascista “Movimento Sociale” fondato da membri del vero e proprio Partito Fascista PNF.
Nello stemma di tutti questi partiti sempre la stessa fiamma, che non è la pubblicità del gas ma piuttosto l’evocazione alla fiamma eterna che brucia a Predappio, luogo di sepoltura di Mussolini Benito, pace all’anima sua, meglio conosciuto come il Duce, fondatore, ideologo e capo assoluto del fascismo.
Nel frattempo, in Italia la discussione sul neofascismo, postfascismo, pseudofascismo, soprafascismo, sottofascismo, accantofascismo e via dicendo sembra non terminare più.
Purtroppo, non si tratta di un dibattito serio e somiglia piuttosto a un gioco fatto di provocazioni e contro provocazioni.
I giornalisti ormai sembrano divertirsi, chiedendo continuamente a parlamentari di destra e a membri del Governo italiano: Lei si dichiara antifascista? E i parlamentari di destra e membri del Governo italiano sembrano, a loro volta, divertirsi con risposte altrettanto provocatorie del tipo: E lei è anticomunista? Tutti gli altri ad aspettare chi casca nella trappola, smascherandosi fascista o raccogliendo l’ennesima provocazione, come il Presidente del Senato Ignazio Benito La Russa (sì, si chiama proprio Ignazio Benito…) che mostra il busto di Mussolini Benito sul comò di casa come se si trattasse di una porcellana di Capodimonte.
Nel frattempo, anno per anno, un folto gruppo di persone si riunisce in formazione militare davanti a un’ex sede del partito “Movimento Sociale” per commemorare due poveri ragazzi assassinati da estremisti di sinistra solo perché appartenenti a quel partito e definiti fascisti.
È una commemorazione giusta e sacrosanta poiché un omicidio politico (come, tra altri, quello del Deputato socialista Giacomo Matteotti o come il sacerdote Don Giovanni Minzoni assassinati dai fascisti) deve essere sempre ricordato come monito contro tutte le uccisioni scaturite da convinzioni ideologiche e politiche.
Il fatto è che questi non si radunano per celebrare una messa in commemorazione dei morti o per incoraggiare una discussione storica su quella che era l’aria violenta degli scontri giovanili negli “anni di piombo”, soprattutto per evitarli alle nuove generazioni. No, no, questi si riuniscono con una scenografia fascista, fanno il saluto fascista alla cerimonia del “presente” e lo fanno con la chiara intenzione di fare paura a potenziali avversari politici. Si stringono a coorte (come i “Fratelli d’Italia” -ma quelli dell’inno nazionale-) per incutere timore.
A chi ha strizzato un occhio compiacente a questi moderni squadristi, un membro del Governo italiano, Antonio Tajani, parlando del suo partito che è al Governo, ha fatto notare: “Siamo una forza che certamente non è fascista. Siamo antifascisti. Chi ha avuto un comportamento del genere (parlando della commemorazione) deve essere condannato da parte di tutti, come devono essere condannate tutte le manifestazioni a favore di dittature”.
Oltre qualche ragionevole presa di posizione come questa del Ministro Tajani, Il dibattito sull’antifascismo ha eguagliato spesso lo stile dei dialoghi cinematografici fra Totò e Peppino, quando pubblicamente si è discusso se la Costituzione Italiana fosse antifascista o meno. Qualche raffinato cervello di destra ha fatto notare che il termine “antifascista” non è contemplato nel testo costituzionale. Qualche indignato di sinistra si è strappato i panni di dosso, ricordando che la costituzione nasce dalla resistenza contro il fascismo. A botta segue risposta, quando il Presidente del Senato Ignazio Benito La Russa (sempre Ignazio Benito) commenta l’attentato di Via Rasella contro truppe di occupazione tedesche come uccisione di innocui musicanti in pensione.
Ora chiedo la vostra comprensione se vi racconto che da ragazzino leggevo i fumetti di Tex Willer. Io, quando vedo La Russa alla televisione, non posso fare a meno di provare gli stessi brividi di orrore di quando, chiuso in collegio, leggevo di nascosto l’epica lotta di Tex contro Mefisto. Mefisto il Re del Male, brutto come la fame, stregone infernale, “tizzone d’inferno” … ragazzi, quello era tale e quale a Ignazio Benito!
Ma, dopo questo mio personale e triste ricordo, parliamo di ricordi storici e ben documentati.
Parliamo seriamente del fascismo ricordato dai libri di storia. Si tratta di un movimento politico fondato da Benito Mussolini e che ha sottoposto l’Italia a una severa dittatura. Inutile spiegare cosa sia una dittatura. I nemici e oppositori sono eliminati fisicamente o incarcerati o confinati. I liberi sindacati sono aboliti, la libertà di stampa e di pensiero è inesorabilmente soffocata. Nel corso della sua storia ventennale, il fascismo italiano diventa particolarmente disumano e insopportabile quando si allea (secondo alcuni si “sottomette”) al nazionalsocialismo tedesco e proclama le leggi razziali, associandosi alla deportazione degli ebrei. Poi, dopo la capitolazione dell’8 settembre 1943, si allea con i tedeschi contro gli stessi italiani, nel frattempo impegnati a scacciare i tedeschi dall’Italia dichiarata occupata. Tedeschi e fascisti italiani sparano sugli italiani. Fascisti italiani aiutano i tedeschi a deportare gli italiani oppositori, ma anche semplici malcapitati, nei campi di lavoro tedeschi, dove sono trattati come veri e propri schiavi fino alla morte. E, a proposito di morte, anche Mussolini Benito muore. Lo fucilano e questo talvolta capita ai condottieri catturati dal nemico, quindi nulla di strano. Il problema è che lo catturano mentre scappa dall’Italia. È un capo in fuga. E quando un soggetto si proclama Duce, condottiero assoluto di un popolo, non fa certo bella figura quando se la squaglia mentre le cose si mettono male. Ha fatto, insomma, la stessa fine del Re persiano Dario III contro Alessandro Magno. Ma Re Dario ebbe una degna sepoltura. Quello che invece hanno fatto del cadavere di Mussolini e del cadavere di una giovane donna che ne era l’amante è una pagina schifosa e indegna della storia italiana.
Comunque sia, basterebbe ricordare questi fatti storici e inconfutabili per abbandonare ogni simpatia verso il fascismo: non sono razzista? Non posso essere fascista. Non sono per il patriarcato ma per la parità dei sessi? Non posso essere fascista. Amo il mio Paese senza essere nazionalista? Non posso essere fascista. Credo nell’insegnamento di Gesù Cristo? Non posso essere fascista. Credo nella solidarietà verso i più deboli e i più sfortunati? Non posso essere fascista. Voglio vivere nel pluralismo e nella democrazia? Non posso essere fascista.
Ma non essere fascista significa automaticamente essere antifascista?
Secondo me, non necessariamente. Ci sono atei dichiarati che osservano quotidianamente e senza difficoltà buona parte dei Dieci Comandamenti, comportandosi tale e quale ai buoni cristiani. Non rubano, non uccidono, onorano il padre e la madre, non desiderano la donna d’altri e non desiderano nemmeno la roba d’altri. Eppure, essi non sono credenti, non riconoscono l’esistenza di Dio. Ebbene, si può essere non fascista, senza nemmeno conoscere la storia e l’esistenza del fascismo. Essere antifascista è tutt’altra cosa. Lo dice la lingua italiana che spiega il prefisso “anti” come opposizione, avversione, antagonismo verso qualcosa. Allora, essere antifascista implica una chiara presa di coscienza, un comportamento deciso e mai passivo contro il fascismo. E per fare opposizione a una cosa bisogna esserne innanzitutto a conoscenza e per manifestare un’avversione contro una cosa bisogna innanzitutto individuarla e riconoscerla per poi agirne contro, fermarla, evitarla.
Antifascista è chi si sveglia al mattino e dice a sé e agli altri: occhi aperti ragazzi, vediamo se questi ritornano, fermiamoli in tempo, mi raccomando!
Si può essere fascista nella forma e non fascista nella sostanza?
Senza scomodare Aristotele (che molto si è scervellato sulla questione della forma e della sostanza), a quanto pare, sì ed è anche questo il motivo per cui sia in Italia sia in Germania la discussione attorno al fascismo come Weltanschauung, come filosofia di vita e come canone comportamentale non tende a scemare. Quando la capa del partito tedesco AFD Alice Weidel prende la parola in comizi e dibattiti, lo stile è inconfondibile. Mai un dubbio, anche se ragionevole, su fatti e circostanze. Solo certezze e disprezzo verso ogni forma di critica. Tono della voce tagliente, commenti pungenti, l’avversario è ridicolizzato, ogni critica al proprio modo di vedere le cose è impacchettato in una sorta di congiura del nemico per determinane la caduta. Sguardo fisso, battuta facile, tono della voce che raggiunge l’urlo quando l’avversario è attaccato direttamente e poi la perversa distinzione tra fascismo e il primo fascista in assoluto.
Giorgia Meloni non è da meno quando il 20 aprile 1996, dichiara: “Penso che Mussolini fosse un buon politico. Tutto quello che ha fatto, l’ha fatto per l’Italia. Non ci sono stati politici come lui negli ultimi cinquant’anni”. E io aggiungo: E meno male!
Premesso quanto sopra e nel tentativo di dare risposta alla domanda che ci siamo posti con questo articolo, appare lecito affermare che stiamo vivendo effettivamente un periodo in cui la cultura fascista (cultura intesa come esternazione, atteggiamento, costume, modo di agire) risulta meno repellente di una volta, di una volta quando i requisiti antifascista ed ex partigiano erano buoni per la candidatura a Presidente della Repubblica Italiana. E, alla domanda se ci dobbiamo preoccupare, la risposta è che dobbiamo perlomeno stare attenti e tenere gli occhi ben aperti.
Attenti che sparate di pose e atteggiamenti chiaramente fascisti non si trasformino in azioni fasciste concrete e tangibili giacché quelle fanno sempre male e sono sempre a danno di qualcuno.
E allora? Perché Giorgia Meloni, Ignazio Benito La Russa e altri del partito “Fratelli d’Italia” hanno difficoltà a dichiarare: Sono antifascista!
Diciamo che fanno parte dell’ultima categoria non ancora contemplata nella polemica generale: sono antifascisti non dichiarati ma “d’ufficio”.
Ignazio Benito e Giorgia antifascisti? Certo, per forza di cose. Vedete, tutti e due hanno assunto un incarico incastonato nel nostro ordinamento democratico (l’una fa il Capo di Governo, l’altro fa il Presidente del Senato) che implica l’assoluta fedeltà alla Costituzione Italiana. La Costituzione Italiana non permette dittature. Il fascismo, a sua volta, è invece, e per sua natura, dittatoriale giacché non esiste il “fascismo democratico”. Ergo: pro-costituzione uguale anti-dittatura; fascismo uguale dittatura; pro-costituzione uguale anti-fascismo.
Si tratta quindi di due soggetti politici al servizio di un Parlamento che non tollera chi intende usarlo come mezzo proprio, sottometterlo al proprio potere, strumentalizzarlo per la propria ideologia. Proprio come facevano e hanno fatto per decenni i fascisti, appunto.
Giorgia Meloni ha così giurato: “Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nell’interesse esclusivo della Nazione”.
Insomma, che lo ammetta o no, deve essere per forza “un’antifascista d’ufficio”.