GERMANIA – Tornati a casa dopo 78 anni sei soldati italiani caduti nella Seconda Guerra Mondiale
Il Cimitero di Guerra Italiano di Westhausen, situato in Kollwitzstraße 27, a Francoforte sul Meno, è il luogo di riposo di 4.788 vittime della Seconda Guerra Mondiale. Questi includono sia militari che civili che persero la vita dopo l’8 settembre 1943, quando fu proclamata la Repubblica Sociale Italiana (RSI), conosciuta anche come Repubblica di Salò, un regime fantoccio della Germania nazista.
Dopo l’8 settembre 1943, coloro che si trovavano sul territorio tedesco per motivi di lavoro o altri e non si riconoscevano nella nuova Repubblica di Salò erano considerati nemici della Germania. Molti di loro furono fatti prigionieri e reclusi nei campi di prigionia e lavoro, dove molti persero la vita a causa di malattie, stenti, torture o esecuzioni capitali.
Il Cimitero Militare Italiano si estende su circa 34.000 m² e comprende 16 grandi riquadri con 200-432 salme ciascuno. Le tombe sono contrassegnate da cippi di granito con targhe di bronzo riportanti i nominativi dei caduti. Il luogo è curato dal Consolato Generale di Francoforte sul Meno.
Ogni anno, la prima Domenica di Novembre, si celebra la commemorazione dei defunti al Cimitero Militare di Francoforte per onorare i caduti italiani della Seconda Guerra Mondiale.
Recentemente, il Consolato di Francoforte sul Meno ha coordinato la riesumazione e il ritorno in Italia dei resti di sei militari italiani caduti durante la Seconda guerra mondiale. Questo atto è stato compiuto in collaborazione con il Ministero degli Esteri e della Difesa, e il processo di riesumazione è stato eseguito direttamente dal consolato generale d’Italia a Francoforte.
Tra i sei militari, ricordiamo Arco Mario, De Antoni Fulvio, Lemme Pasquale, Rotondi Antonio, Ruggero Donatangelo e Vietto Adolfo. Le loro spoglie sono tornate in patria dopo 78 anni, e alcune famiglie hanno potuto ritrovare i resti grazie alla ricerca del Ministero degli Esteri.
La storia di Antonio Rotondi, soldato nella Seconda Guerra Mondiale, è particolarmente toccante. Il nipote racconta che, tramite informazioni del Ministero della Difesa, ha scoperto che il nonno Antonio Rotondi aveva combattuto già nella guerra di Montenegro e che in un conflitto a fuoco era stato ferito al volto. Dopo essere tornato a casa, fu richiamato di nuovo in guerra lasciando la moglie in stato gravido.
Rotondi fu poi catturato a Durazzo in Albania e confinato in una caserma. Successivamente, fu portato in Germania nello Stammlager I e II, dove aveva accesso anche la Croce Rossa. Poiché il nonno non aderì alla Repubblica di Salò, rimanendo fedele alla patria, venne deportato nello Stammlager VI di Dortmund, dove la Croce Rossa non aveva accesso. Dopo 9 mesi di reclusione, malato, morì. Il cappellano militare don Giuseppe Barbero assistette alla sua morte e, due anni dopo, scrisse un diario intitolato “La croce tra i reticolati”, che riporta gli ultimi desideri dei 700 soldati detenuti nello Stammlager VI, tra cui Antonio Rotondi.
Dopo la scoperta della tomba del nonno, la famiglia Rotondi ha riportato i resti in patria con una cerimonia d’onore il 11 novembre a Boville Emica, provincia di Frosinone. La cerimonia è stata presenziata da autorità militari, familiari e dalla comunità locale.