Se complessivamente condividono l’osservazione e accolgono con favore la sua chiarezza, ritengono che i mezzi e gli strumenti utilizzati siano insufficienti. Per Ulrich Ladurner, l’editorialista della Zeit, il discorso di Jean-Claude Juncker “non era né entusiasmante, né bello, né sublime” . Il presidente della Commissione europea “ha provato a reggere il confronto con gli Europei spendendo una parola per ciascuno.”
Ma ha preso atto soprattutto dei limiti del suo potere: Nel corso della sua discussione, Juncker si é irrigidito sotto gli occhi dei suoi spettatori presenti nell’aula plenaria del Parlamento europeo per rivelare ciò che realmente è : un uomo politico che dipende dai governi degli stati membri della Ue. E non ha fatto nulla per nasconderlo. Juncker non voleva apparire più grande e potente di quanto non fosse. Non era certamente un presidente di un super-Stato in tribuna. Non era più il fanatico degli Stati-nazioni, ma appariva come qualcuno ben consapevole di quanto sia grave l’attuale crisi europea e profondamente conscio che i suoi strumenti si siano ridotti, qualcuno che sa che non gli resta più molto tempo. Il suo messaggio era perfettamente comprensibile : il futuro dell’Europa non si deciderà a Bruxelles ma nelle capitali di ciascun paese membro.
Dello stesso avviso Eric Bonse della Tageszeitung per il quale il discorso di Juncker “non ha dato nessun nuovo impulso all’Europa”: il capo della commissione europea era meno entusiasta e meno convincente rispetto al suo ultimo discorso tenuto un anno fa al Parlamento europeo. ‘Non c’e abbastanza Europa non c’è abbastanza unione’ disse allorchè la crisi dei migranti aveva raggiunto il suo picco. Juncker ha espresso le sue proposte in funzione delle esigenze dei capi di Stato e dei governi che si sono riuniti il 16 settembre a Bratislava. Non ha fatto un ‘discorso-choc’ , al contrario ha tenuto una condotta da realpolitik affinchè l’Unione, con tutti i suoi conflitti interni, non esploda.
In un editoriale non firmato, El Mundo afferma che il discorso di Jean-Claude Juncker sullo stato dell’Unione ha suscitato delle “sensazioni contrastanti”, poiché, malgrado la sua analisi dei problemi cui deve far fronte l’Unione fosse dettagliata, risulta tuttavia priva di misure realizzabili e concrete con cui risolverli, considerando che l’Ue a tutt’oggi ha dimostrato di essere impotente nell’affrontarli : Sul piano economico, Juncker ha annunciato l’estensione del piano per gli investimenti che porta il suo nome sino al 2022. E pur se è vero che il piano ha avuto un esito positivo nella raccolta di capitali privati, resta il fatto che la crescita e la stabilità della Ue non possono contare e dipendere unicamente dalle politiche promosse dalle autorità pubbliche o dal supporto finanziario della Banca centrale europea.
Juncker ha dedicato una parte importante del suo discorso ai problemi della sicurezza, suggerendo che la Ue avrebbe bisogno di un fondo permanente e di una forza militare comune. Qualcosa che è ben lungi dall’essere realizzata in quanto al momento sarebbe fiscalmente insostenibile. “È trascorso un anno, da quando il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, descriveva il triste stato dell’Unione, pronunciando il suo discorso alla ripresa delle attività del Parlamento europeo. Dodici mesi dopo, l’Europa non è migliorata”, sostiene Olivier Le Bussy. Per l’editorialista della Libre Belgique, “l’Europa, al contrario, è sprofondata sempre più in quella che potremmo definire una ‘crisi esistenziale’”, alla quale va aggiunto “l’elenco delle ragioni e dei motivi per non serbare speranze sul suo caso, lunga quanto un giorno senza fine”: la Brexit, la crisi economica e dei migranti, “la mancanza di una leadership politica”. Tutto ciò contribuisce a fomentare i nazionalisti, i populisti e gli xenofobi che guadagnano consensi quasi dappertutto nell’Unione. Infine, il seme della discordia e della reciproca incomprensione seminate da diversi anni, stanno dando ora i loro frutti amari.
“‘Cosa diremo ai nostri figli? Che abbiamo dimenticato il passato?’ , chiedeva Jean-Claude Juncker mercoledì, commentando le voci di coloro che propugnano il ritorno dei nazionalismi e del ‘ciascuno per sé”, nota Natasha Stasinou suNaftemporiki: Nel corso dei loro ultimi vertici, i paesi membri dell’Ue hanno deciso che le sfide contemporanee richiedono misure e soluzioni comuni – che si tratti della crisi dei migranti, della stabilità finanziaria, della lotta contro l’evasione fiscale o contro il terrorismo. Nella pratica, tutto si dirige nella direzione opposta.
L’Unione europea ha poco margine per poter prendere delle decisioni importanti. I governi nazionali dovranno tenere a mente ciò che Juncker ha sottolineato : la storia non si ricorderà dei vostri nomi, ma si ricorderà della vostra determinazione o dei vostri errori. “‘Non siete così importanti come credete di essere’: questo è il messaggio implicito indirizzato alla Gran Bretagna dal presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker nel suo discorso sullo stato dell’Unione europea”scrive Joris Luyendijk sul Guardian.
Per il commentatore si trattava di un messaggio di benvenuto per dei cittadini e dei politici europei esasperati dalla indecisione britannica e dall’incompetenza dimostrata nella gestione del post-referendum. Ma è un messaggio che aveva poche possibilità di essere ascoltato da quegli esperti e politici britannici convinti che sia la Ue ad avere più bisogno della Gran Bretagna e non viceversa. […] Juncker ha indicato le preoccupazioni che gravano sugli Europei: i migranti, il terrorismo, la stagnazione economica, la struttura disorganizzata della zona euro e l’espansionismo russo. Aggiungiamo a questo la reale possibilità di un caos in Turchia, della vittoria dell’euroscettica Marine Le Pen alle elezioni presidenziali francesi, e di una presidenza Trump che faccia esplodere la Nato e appare subito chiaro che la Brexit non sia in cima alla lista delle priorità della Ue. Infatti, la prospettiva della Brexit sembra aver facilitato la Ue almeno a breve termine, con un certo numero di paesi che registrano un disatteso interesse e sostegno nei confronti dell’Europa.