Amedeo Vulcano, classe 1932, ha compiuto lo scorso 1 aprile 60 anni di presenza a Fellbach, Comune di 44.000 abitanti, alle porte di Stoccarda. Il suo nome è legato alla vita lavorativa, associativa e culturale sia dei 2.200 italiani che di una gran parte dei 40mila cittadini fellbachesi.
Amedeo, terzo di 6 figli e orfano di padre, in età adolescenziale conobbe ben presto la via dell’emigrazione. Mentre i due fratelli maggiori preferirono emigrare in Australia e Inghilterra, lui optò prima per Lille in Francia dove operò in un’azienda agricola e dopo 15 mesi, varcò illegalmente i confini tedeschi con altri 11 compagni di avventura pagando ognuno 12 mila vecchi franchi, per l’operazione notturna.
Il suo arrivo a Fellbach, mèta ancora oggi di un migliaio di calabresi come lui, risale al 1° aprile del 1960. Dopo esattamente 63 anni ricorda con molta lucidità il suo primo impatto con una cittadina che nel frattempo è diventata la sua seconda patria:
“In 12 arrivammo di notte alla stazione di Fellbach. Dopo circa un’ora si avvicinò un uomo in età avanzata e ci chiese in francese che cosa facevamo. Ed io gli dissi che cercavamo lavoro. E se ne andò. Dopo ca. 15 minuti arrivò un camion con un interprete e ci condusse in un’azienda. Ci chiesero che lavoro avevamo fatto. Ci portarono nelle baracche di legno, ci assegnarono i letti per dormire e il lunedì io fui mandato in un cantiere a Fellbach, mentre gli altri furono portati nella Foresta Nera; ma a fine settimana tornavano a Fellbach. I primi giorni di lavoro per me furono duri a causa di un malinteso con l’interprete. Alla domanda se qualcuno aveva un mestiere, io gli dissi che avevo aiutato un carpentiere. Lui mi segnò carpentiere. Il capo era contento che aveva un carpentiere. Quando mi dette il disegno di ciò che avrei dovuto fare, io gli dissi che non ero in grado. Per farla breve, si fece una bestia e per punizione mi mise a trasportare cemento armato, lavoro abbastanza pesante. Ma dopo 4 giorni venne da me e mi disse: Vuoi imparare a fare il carpentiere? Io annuii e mi mandò dal capo dei carpentieri. Lì trovai non solo il lavoro che cercavo, ma conobbi anche un uomo bravissimo che dopo 3 mesi mi fece dare anche la paga da carpentiere.
Dove facevate la spesa?
A Fellbach c’era un negozio di generi alimentari non tanto lontano dalle baracche. Lì ci lavorava una ragazza italiana che parlava benissimo sia l’italiano che il tedesco; e mi aiutò molto.
Come passavi il tempo libero?
In verità di tempo libero ne avevamo ben poco, poiché di sabato lavoravo sempre; e spesso ci chiedevano se volevamo lavorare anche di domenica (mezza giornata). Ed io non mi tirai mai indietro. Smontato al lavoro dovevo lavare i panni, cucinare e fare qualche visita a qualche paesano. Così passavo la settimana.
Quando è perché decidesti di rimanere in Germania?
Decisi di rimanere in Germania nel 1973, poiché il 1972 ero rientrato in Italia a fare lo stesso lavoro che facevo qui. In verità a Monza il mensile che percepivo era maggiore, ma tutto l’insieme della vita non mi piaceva; perciò decisi di tornare a Fellbach presso la stessa ditta dove avevo già lavorato.
Che cosa ti ha dato la Germania?
In Germania ho lavorato, ho frequentato diversi corsi di lingua tedesca, ho fatto ca. 4 anni di scuola professionale serale conseguendo il diploma di attrezzista. Poi ho fatto un esame di amissione per accedere ad un Istituto Tecnico che ho frequentato a tempo pieno per 2 anni conseguendo il diploma di Techniker. Per i due anni che andavo a scuola percepii dall’Arbeitsamt gli stessi soldi che guadagnavo in fabbrica. Inoltre la Germania mi ha consentito non solo di realizzarmi come uomo lavoratore, ma anche come uomo, libero di prender parte alla vita sociale e culturale locale.
Con che occhi vedi questa terra che ti ha accolto e che è entrata a far parte attiva della tua vita affettiva, lavorativa, sociale e culturale?
Io vedo la Germania molto attiva sul piano sociale e culturale che rispetta ed esige rispetto. È una nazione che fa veramente tanto per l’integrazione ed eroga contributi per consentire ai bambini stranieri di mantenere vivo il legame linguistico e culturale col Paese di provenienza, nel nostro caso con l’Italia. Voglio ricordare che il Comune di Fellbach è stato il primo in Germania ad istituire già nel 1981 un Ausländerbeirat con elezioni a suffragio universale e diretto. Ha offerto, quasi a costo zero, locali per Centri culturali e club sportivi. Per noi italiani ricordo il Club International, il Milan, Juventus ed Inter Club, il Club Sud Italia, gli Azzurri ed il Centro Culturale Italiano di cui sono stato primo socio fondatore. Ovviamente noi, come Centro italiano, ci siamo aperti anche ai tedeschi organizzando una 40ina di corsi di italiano, gite culturali e turistiche per una 50ina di tedeschi ed italiani a Rivoltella sul Lago di Garda, Ravenna, Abano Terme, Padova/Venezia, Torino e Roma. Abbiamo partecipato attivamente alle iniziative del Karnevalsclub e della Partnerschaftsgesellschaft Fellbach/Erba. Abbiamo contribuito a far nascere la Fiesta International quale vetrina delle associazioni straniere operanti in Fellbach offrendo a migliaia di visitatori musica, balli folkloristici e tanta gastronomia, fonte di guadagno per coprire le spese vive delle sedi e per sostenere finanziariamente attività sportive e culturali per giovani e bambini. Avendo vissuto fin dalla prima ora l’emigrazione, il mio primo obiettivo è stato sempre il dialogo con le autorità comunali affinché si potessero trovare soluzioni condivisibili per mettere in atto una politica di una con-cittadinanza nei fatti, tanto voluta e praticata dal liberale sindaco Friedrich-Wilhelm Kiel e dall’allora assessore alle politiche sociali Raimund Ulrich. È grazie a questa particolare sensibilità che gli immigrati sono stati considerati veri con-cittadini per l’assegnazione di case popolari, per l’accesso a concessioni di uso di strutture comunali a costo zero, quali i campi di calcio per tre squadre italiane (Azzurri, Etna e Stella Sud Italia) e sale per manifestazioni socio-culturali. Infine, vorrei ricordare il nostro pieno coinvolgimento nella Fellbacher Fest ed in numerosissime iniziative volte ad aiutare alunni italiani in difficoltà di apprendimento. Eppoi, qui mi sono costruito la famiglia, sono nati due figli che si sono affermati, ho aperto un negozio di generi alimentari italiani già agli inizi degli anni’70, gestito prima da mia moglie e oggi da mia figlia e la sua famiglia. Sono nonno e bisnonno e sono certo di aver dimenticato molti altri aspetti. Sono tuttavia convinto che questa terra è veramente la mia Seconda Patria perché mi ha consentito di formarmi e di affermarmi in campo lavorativo e di poter costruire per me, per i miei connazionali e la popolazione locale un ponte fra culture. Se sono riuscito a realizzare qualcosa, lo devo innanzitutto a mia moglie, a mia figlia Pina e a mio figlio Michele che essendosi integrati a pieno titolo mi hanno potuto sorreggere in tante iniziative culturali e ricreative.
Ti senti parte della società ospitante?
Certo, mi sento di fare parte a pieno titolo, nel bene e nel male.
Ti senti appagato o hai rimpianti per non essere riuscito a raggiungere qualche tuo importante obiettivo?
Sono contento di ciò che ho fatto e ringrazio Iddio che mi è andata bene. Tuttavia non sono soddisfatto, perché avrei voluto continuare la scuola.
Hai ancora un sogno nel classico cassetto?
Sì, vorrei star bene in salute per poter aiutare mia moglie che non sta tanto bene. E poi andarmene in santa pace nel regno di Dio.
Amedeo Vulcano, che ha passato il timone del Centro Italiano a Francesco Santoro (storico capitano degli Azzurri di Fellbach dei tempi migliori del calcio italiano in terra sveva) ha raggiunto la veneranda età di 90 anni. Per il suo impegno sociale e culturale sia nell’ambito della comunità italiana che tedesca il governo del Land, su proposta del Comune di Fellbach, gli ha conferito la Spilla al Merito del Baden-Württemberg. E lo Stato italiano?