Una donna berlinese – la chiamiamo Anna – viene ripetutamente picchiata dal compagno. Ogni volta che il compagno torna a casa, spesso ubriaco, inizia ad offenderla e aggredirla. Pugni, calci e offese sono ormai all’ordine del giorno, già da anni.
Una sera d’estate il compagno rientra da una cena con amici e, ancora una volta ubriaco, la malmena. Anna non ce la fa più, si confessa con un’amica, che si accorge degli ematomi sulle braccia e il silenzio malinconico di Anna si trasforma in pianto. L’amica le consiglia di rivolgersi alla polizia, ma Anna ha paura. “Cosa faccio? Vado dalla polizia, lo denuncio, e poi?”, chiede disperatamente. L’amica, a sua volta, si rivolge ad una sua amica, che lavora presso un ufficio amministrativo della capitale. L’amica consiglia di dire ad Anna di rivolgersi alla “Beratungsstelle zu sexualisierter Gewalt” e Anna, il giorno dopo, ci va. L’impiegata allo sportello, una giovane donna molto indaffarata, le consegna un bigliettino: l’appuntamento viene fissato due mesi dopo. “Come fra due mesi?”, pensa fra sé e sé Anna che, ancor più disperata, torna a casa nella consapevolezza che ogni minuto in più trascorso con il compagno può essere l’ultimo della sua vita.
Questa vicenda non è soltanto un caso singolo di una donna berlinese, ma il triste quadro che emerge dal rapporto della GREVIO, un gruppo di esperti del Consiglio Europeo, che ha messo sotto esame il sistema tedesco relativo alla prevenzione di atti di violenza nei confronti delle donne.
Solo per fare un esempio
Berlino, la capitale tedesca con oltre 3,7 milioni di abitanti, dispone di un unico sportello che si occupa di violenza contro le donne – troppo poco! Le donne che si rivolgono alla “Beratungsstelle zu sexualisierter Gewalt” devono aspettare fino a due mesi per avere un colloquio. Assurdo, se si considera che stiamo parlando della capitale di uno sei paesi più ricchi d’Europa.
Un altro elemento preoccupante che emerge dalla ricerca degli esperti è la carente presenza territoriale dei centri di accoglienza per le donne (in ted.: Frauenhäuser). In tutto sono 360 (per un totale di quasi 7mila posti), ma ne servirebbero quasi il doppio per poter adempire alla necessità dovuta al notevole incremento dei reati di violenza nei confronti delle donne, soprattutto durante la fase pandemica.
Ma non solo: mentre in Italia le statistiche sulla criminalità distinguono nettamente i reati di violenza in generale da quelli commessi ai danni nei confronti di donne, in Germania non tutte le procure e le polizie fanno altrettanto, per cui non sempre è possibile capire quanti reati di violenza sono stati realmente commessi nei confronti delle donne.
Insomma, la Germania, che ha trasformato in legge nel 2018 la convenzione di Istanbul (si tratta del primo documento legale internazionale sulla prevenzione e la lotta alla violenza sulle donne), deve ancora fare i compiti: nel contratto di coalizione attuale della Ampelkoalition il tema viene ampiamente trattato, dunque, con probabilità nei prossimi mesi qualcosa accadrà. “Svilupperemo una strategia politica federale contro la violenza”, si legge a pagina 91 del contratto di coalizione. Inoltre il governo si impegna ad “assicurare il finanziamento dei centri di accoglienza per le donne”.
Ai giornalisti, agli addetti ai lavori, alla giustizia tedesca, spetta adesso il compito di mantenere alta la guardia e fare pressione affinché le promesse del governo semaforo diventino progetti legislativi e, nella prassi quotidiana, strumenti efficaci per prevenire i casi come quello di Anna.
Infine un consiglio
Nonostante le carenze evidenziate dal Consiglio Europeo, ogni comune in Germania offre servizi – anche gratuiti – per la prevenzione e la repressione della violenza contro le donne (anche nell’ambito familiare). Ovviamente è anche possibile (e in molti casi inevitabile) rivolgersi alle autorità giudiziarie: grazie al Gewaltschutzgesetz, una legge che tra l’altro ha anche lo scopo di combattere questo fenomeno, è possibile chiedere al tribunale di famiglia (ted.: Familiengericht) un provvedimento affinché l’uomo che agisce con violenza contro una donna venga immediatamente allontanato dall’appartamento e gli venga vietato di avvicinarsi alla vittima. In questi casi non bisogna temere i costi di una consulenza legale perché lo Stato tedesco provvede – in un primo momento – a pagare le spese legali (ted.: Verfahrenskostenhilfe).