Michael Braun è un noto politologo e giornalista tedesco che vive a Roma, dove è corrispondente del quotidiano berlinese “Die Tageszeitung”, scrive per il settimanale italiano “Internazionale”, collabora con la radio pubblica tedesca e rappresenta la Friedrich-Ebert-Stiftung in Italia. Con il suo nuovo libro (“Mutti. Angela Merkel spiegata agli italiani”. Casa editrice Laterza, in libreria dal 5 novembre), Michael Braun si è dato un compito decisamente non semplice: spiegare ad un popolo, quello italiano, un altro popolo, quello tedesco, che ammette e sostiene un fenomeno unico nel suo genere: la nascita – per così dire dall’ombra -di una personalità politica polimorfe e costantemente attuale, che riesce a portare una nazione che cerca una nuova identità alla guida dell’Europa. Nell’autunno del 1989 il regime della DDR è agli sgoccioli e scendono in strada i gruppi di opposizione, forti di decine di migliaia di dimostranti – beh, in quel momento cruciale per il destino delle due Germanie Angela Merkel non esiste ancora – almeno politicamente. Lei non c’è quando un milione di persone si riuniscono ad Alexanderplatz; e anche al momento della caduta del muro Angela Merkel brilla per la sua assenza: è in una sauna (sembra), e in piazza nessuno sa ancora della sua esistenza, o forse qualcuno la conosce solo comegiovanee promettente scienziata. La futura Cancelliera della Germania riunificata entra in scena politicamente, e da perfetta sconosciuta, solo dopo alcune settimane -ma già nel dicembre 1990 (!) viene eletta al Bundestag, nelle liste della CDU di Kohl. Nel 2005 Angela Merkel diventa la prima donna Cancelliere della Germania. La sua scalata al successo sembra inarrestabile e oggi viene rispettata e venerata dai suoi elettori come “Mutti” (mamma), ma contemporaneamente guardata con diffidenza dai paesi europei meno stabili economicamente.
Ma perché spiegare Angela Merkel agli italiani?
La Cancelliera tedesca viene vistain maniera quasi schizofrenica dagli italiani. E’ mitizzata, si sottolineano le sue capacità, la sua costanza, la sua bravura; spesso sento dire dagli italiani: “Averne noi una come lei!” Ma le stesse persone soltanto un minuto dopo la criticano ferocemente perché a loro avviso nella crisi dell’euro ha fatto soltanto gli interessi della Germania danneggiando i paesi del Sud Europa, dalla Grecia alla Spagna, dal Portogallo all’Italia.
Quindi una specie di Giano bifronte?
In effetti potremmo quasi definirla in questo modo. La Merkel, ancora dieci anni fa, si presentò in Germania come neoliberista dura, ma poi cambiò registro. Ha sistematicamente spostato la CDU verso il centro, modernizzandola. Governa in maniera ecumenica,depolarizza, agisce da “Mutti”. In Europa invece è la maestrina severa che impone le sue ricette di rigore e austerità.
Ma perché questo atteggiamento?
C’è un filo logico. Prima di tutto la Merkel risponde agli elettori tedeschi. Quegli elettori apprezzano l’introduzione del salario minimo in Germania; ma a casa loro non gradiscono dure politiche neoliberiste. Sono altrettanto convinti che in Europa gli interessi dei contribuenti tedeschi vadano difesi contro i “parenti poveri” del sud, a cominciare dai greci. Nel suo profondo, la Cancelliera condivide questa visione – una visione che innalza la Germania a modello al quale gli altri si devono adattare, anche accettando politiche durissime. Possiamo dire che la Merkel è la perfetta espressione di un intero Paese; anche per questo motivo è tanto amata in patria.
La tematica dei rifugiati, della loro accoglienza, sembra aver creato una nuova Merkel…
È “nuova” fino ad un certo punto. Già in passato si era mostrata capace di svolte repentine, per esempio quando, dopo la catastrofe di Fukushima, decise dalla sera alla mattina l’uscita dal nucleare. Anche questa volta ha agito in perfetta solitudine, cercando di imporre a tutta l’Europa una soluzione decisa a Berlino – e anche questa volta ha cercato di agire in sintonia con gli orientamenti prevalenti nell’opinione pubblica tedesca. Ma per la prima volta rischia davvero. Imporre soluzioni europee nell’accoglienza dei rifugiati si rivela molto più difficile rispetto al salvataggio dell’euro. Inoltre la questione dei rifugiati è molto più dirompente che non l’uscita dal nucleare. Non a caso la Cancelliera cerca di correre ai ripari inasprendo il diritto di asilo.
Tornando al libro: possiamo definirlo una biografia della Merkel?
Direi di no. Il libro racconta della nascita di un mito, della scalata politica di Angela Merkel, di ambiguità mai veramente spiegate, della sua energia nella guida del destino dell’Europa. Ma non si tratta di una biografia: io racconto un personaggio politico e le sue evoluzioni. La Merkel è cauta e allo stesso tempo si rivela capace di decisioni ardite, talvolta rischiose. Il suo è un percorso scandito anche dalle crisi e dalla sua capacità di sfruttarle per andare avanti: non solo il crollo del muro, che le permette la sua formidabile entrata in politica, ma pensiamo anche allo scandalo delle donazioni alla CDU (Spendenskandal) nel 1999, dove lei riesce a defenestrare Helmut Kohl e nel giro di un anno a sostituirlo alla guida della CDU, e poi alla crisi dell’euro nel 2009 che la fa assurgere a “imperatrice d’Europa”. Il mio libro racconta della Merkel, ma anche della Germania dall’unificazione a oggi, di un paese scosso da forti dubbi ancora dieci anni fa e che oggi si scopre fortissimo.