Lo facciamo introducendo una donna che fino ad ora era completamente sconosciuta anche a noi; il suo nome è Yayoi Kusama. È stata giudicata la più famosa artista del mondo del 2014. Yayoi Kusama, nata a Tokyo nel 1929 (ha l’invidiabile età di 86 anni!) dopo una formazione accademica alla fine degli anni Cinquanta vola negli Stati Uniti per poi tornare in Giappone per scrivere poesie e romanzi e creare opere che abbracciano la corrente Surrealista, l’Espressionismo astratto, il Minimalismo, la Pop Art e perfino lo Psichedelismo. Da quarant’anni vive volontariamente in un ospedale psichiatrico, mentre il mondo le dedica grandi personali come al Whitney Museum di New York e al Tate di Londra. Una sua opera “White No. 28” è stata venduta per più di sette milioni di dollari, che è la cifra più alta mai spesa per il lavoro di un’artista. Pois, pois, pois, pois! Eterna ossessione di Tayoi Kusama, espressione di disorientamento, smarrimento e inquietudine. Ne ha fatto il leitmotiv della sua esistenza e delle sue opere. Ha scritto: “… Io, Kusama, sono la moderna Alice nel paese delle meraviglie. Come Alice, che è passata attraverso uno specchio, io, Kusama, (…) ho aperto un mondo di fantasia e libertà… Anche voi potete unirvi alla mia danza avventurosa di vita..”.

PRIMA PARTE: COSA OCCORRE SAPERE
Come si trova la felicità?

Fin dal principio della storia l’umanità si è sempre impegnata nella ricerca della felicità; ma cos’è veramente la felicità? Dove la troviamo? Come la otteniamo? Dalla lettura di alcuni dati di un’indagine che cercava di riassumere le risposte alla domanda su che cosa porta alla felicità emerse che la maggior parte delle persone riteneva che il denaro fosse una parte importante della felicità. Tuttavia le ricerche dell’autore dell’indagine indicavano che il denaro solo raramente, o forse mai, porta alla vera felicità. Avere denaro a sufficienza è importante per le nostre necessità ma, oltre a questo, il denaro ha ben poco a che fare con la vera felicità. Spesso sono il lavoro e il sacrificio compiuti per ottenere il denaro per uno scopo meritevole che danno più soddisfazione di ogni altra cosa.

Lo scrittore William George raccontava di un episodio particolare tramandato dai suo nonni. Era la fine dell’800 e, la sua famiglia essendo emigrata dalla Danimarca aveva portato con se poco più dei vestiti che avevano addosso. La nonna desiderava molto avere un paio di scarpe da indossare in occasioni speciali. Per realizzare questo obiettivo ci volle un’intera estate di lavoro, dedicato a raccogliere le bacche e a badare ai bambini, poiché il denaro era scarso e la manodopera a poco prezzo. Ma la gioia che la nonna provò quando ebbe quelle scarpe è indescrivibile, poiché non soltanto poteva indossarle lei, ma anche sua madre. Infatti, si erano messe d’accordo in modo che la nonna poteva indossare le scarpe per andare alla Scuola Domenicale la mattina, e poi sua madre le indossava per andare alla riunione sacramentale la sera.

La felicità viene dal successo?

Lo stesso scrittore afferma: «La felicità non sempre richiede il successo, la prosperità o il loro conseguimento. È spesso la gioia della lotta animata dalla speranza, la consacrazione dello scopo e dell’energia a un buon fine. La vera felicità affonda sempre le radici nell’altruismo – il suo fiore nasce da un amore di qualche specie». Secondo un recentissimo studio il massimo della felicità si verificherebbe dai settant’anni in su, ma bisogna arrivarci bene, sia come salute fisica che come situazione economica e affettiva. Recenti studi smentiscono l’opinione diffusa che la vecchiaia sia un’età triste e priva di stimoli: al contrario gli anni dopo la pensione possono risultare pieni di gratificazioni e soddisfazione, anche se in parte di tipo diverso dalle aspettative che uno aveva da giovane. In generale il godimento della vita tende a calare lentamente durante l’età adulta. Tuttavia intorno ai cinquant’anni il fenomeno si inverte, con una sensazione di crescente benessere per il resto della vita che raggiunge il massimo all’età di 85 anni. Dobbiamo ricordare che le persone che oggi consideriamo anziane, diciamo coloro dai 65 anni ai 70 e oltre, sono assai diverse dagli anziani di una volta, hanno più opportunità di un tempo, si prendono più cura della propria salute, conducono vite più attive. Ovviamente, una buona salute e un buon livello economico sono molto importanti per potere avere un’anzianità felice, insieme a relazioni affettive intense e sincere. Le persone con un buon reddito in età avanzata soffrono meno di depressione, hanno maggiori soddisfazioni e una migliore qualità della vita, sicché è chiaro che la sicurezza economica, insieme alla salute fisica, è un requisito essenziale per poter affermare che a 70-80 anni si può essere più felici che a 35 o 40. Si tratta anche, sostengono i ricercatori, di un diverso tipo di felicità: non si hanno più preoccupazioni o responsabilità dirette per i figli, non si pensa più alla carriera e si hanno minori aspettative.

SECONDA PARTE: CONSIGLI PRATICI OVVERO…. ISTRUZIONI PER L’USO
Bisogna mantenersi attivi!

Godersi la vita aiuta a mantenersi attivi e indipendenti nonostante lo scorrere degli anni: durante la terza età esiste una stretta associazione, indipendente da fattori importanti come lo stato di salute o le disponibilità economiche, tra la capacità di affrontare i piccoli impegni della vita di tutti i giorni e la felicità. Gli anziani più felici hanno una probabilità 3 volte inferiore rispetto a quelli meno felici di andare incontro a disabilità che minano la loro autonomia nella vita di tutti i giorni. Ciò non è dovuto al fatto che le persone più felici godano di migliori condizioni di salute, o siano più giovani, o più ricche, o conducano dall’inizio stili di vita più salutari, dato che quando teniamo conto di questi fattori l’associazione continua ad esistere. Le persone anziane che si godono di più la vita hanno non solo una maggiore probabilità di sopravvivere negli 8 anni successivi ma anche di mantenere migliori funzioni fisiche.

Gli amici allungano la vita!

Gli amici sono una medicina perché allungano la vita! Chi ha amici vive più a lungo di chi vive una vita solitaria, addirittura del 22%! Ricercatori che hanno monitorato per 10 anni la vita degli anziani hanno dedotto che la cerchia parentale non influisce sulla sua longevità. Hanno piuttosto riscontrato che le persone più longeve si misurano soprattutto con i coetanei e da questi hanno stimoli che le portano a condurre una vita più sana, a coltivare interessi, ad avere un atteggiamento più propositivo per il futuro in quanto programmano incontri, si scambiano confidenze telefoniche, ecc. Marco Tullio Cicerone così scrisse sui vantaggi dell’amicizia: “L’amicizia comporta moltissimi e grandissimi vantaggi, ma ne presenta uno nettamente superiore agli altri: alimenta buone speranze che rischiarano il futuro e non permette all’animo di deprimersi e di abbattersi.

L’anziano deve sentirsi un riferimento

Gli anziani sono una preziosa risorsa di cui avere cura per la ricerca della felicità. La nostra cultura tende a rispettarli poco perché sono etichettati come dei “senior” che, a seconda di come li si vive, sono un obiettivo appetibile per l’economia oppure fastidiosi pensionati. In altre culture agli anziani viene rivolto immenso rispetto: non solo perché l’età è sinonimo di rispettabilità, ma soprattutto perché la loro maggiore esperienza e conoscenza di vita rappresentano una preziosissima fonte di saggezza. La felicità viaggia a braccetto con la saggezza. Più si va avanti con l’età, più diminuisce il senso di separazione dall’altro. Le persone anziane non vivono proiettate sull’Ego, non hanno una visione egocentrica e per questo sono più sagge. I loro interessi non riguardano l’individualità, ma lo scorrere della vita, la famiglia, la comunità, la nazione, la gente, gli animali, la natura, la vita. Per questo motivo possono essere il nostro più grande alleato nella ricerca della felicità e i loro consigli, indicazioni e opinioni essere la bussola o l’ancora di salvezza per affrontare il nostro percorso, da essi affrontato ben prima di noi! “La terza età” ha un intuito speciale perché nel tratto di viaggio al quale gli anziani sono arrivati non appartengono più al loro tempo e al loro spazio, ma a “tutto” il tempo e a “tutto” lo spazio e quindi hanno una percezione molto più affinata rispetto a noi giovani. Quando si avanza con l’età la vista diminuisce, il futuro si sbiadisce e il presente si oscura, ma il passato diventa sempre più vivo e reale. E’ tipico per loro guardare indietro nel tempo. Ciò significa che gli anziani sono il legame con il passato per cui hanno una funzione importantissima nella società. Il passato e la storia possono essere letti nei libri, ma quando sono raccontati da una persona che li ha vissuti, è tutta un’altra cosa!

In conclusione

Ci congediamo da questo compito, citando una frase del poeta e filosofo libanese Khalil Gibran che ci spiega in poche righe quale patrimonio essi rappresentano per la collettività e per la nostra felicità: “Cercate il consiglio degli anziani, giacché i loro occhi hanno fissato il volto degli anni e le loro orecchie hanno ascoltato le voci della Vita”.