Crisi di Governo in periodo di crisi
Illum oportet crescere, me autem minui (a quello si addice crescere, a me invece diminuire): questa sentenza in latino iscritta sull’altare di Isenheim a Colmar si applica molto bene anche all’attuale situazione italiana. A meno di un mese dal voto la coalizione di centrodestra sembra avanzare inarrestabilmente mentre quella di centrosinistra è in calo, anche se leggero. Secondo il sondaggio svolto da Quorum/Youtrend pubblicato lunedì 29 agosto, la coalizione di centrodestra (Meloni + Salvini + Berlusconi) sarebbe salita al 48,5% nel favore degli aventi diritto al voto, mentre la coalizione di centrosinistra arretrerebbe al 29,5%. Il cosiddetto Terzo Polo (Renzi + Calenda) arriva al 5,3% mentre il neopartito di Di Maio, la cui nascita ha provocato la crisi del governo Draghi, si attesta appena allo 0,7%, il che vuol dire: tanto rumore per nulla. Arrotondando, tenuto conto dell’imprecisione statistica, ci troviamo davanti ad una differenza schiacciante fra il 50% per il centrodestra contro il 30% per il centrosinistra. Chi è causa del suo mal, pianga sé stesso: poiché l’attuale legge elettorale, detta rosatellum, non per puro caso ha preso il nome dall’onorevole Ettore Rosatelli, che nel 2017 era il capogruppo del PD alla Camera. E fu poi approvata in parlamento con una larga maggioranza formata da Partito Democratico + Forza Italia + Lega + Alternativa Popolare ed altri. Invece Fratelli d’Italia votò contro, e adesso sembra esserne il più avvantaggiato. Paragonata con le leggi elettorali in vigore durante la Prima repubblica, il rosatellum ci appare come un incomprensibile guazzabuglio di regole e regolette, sbarramenti differenziati, coefficienti arbitrari piovuti non si sa come dal cielo, senza alcuna giustificazione propria, se non in quanto frutto di compromessi fra i vari gruppi di potere e contrattazioni sottobanco. Attraverso il suo collo di bottiglia dovranno passare i voti del popolo sovrano, il 38% del quale resta ancora indeciso e probabilmente lo resterà fino all’ultimo.
Brogli elettorali
Pesa come un’ipoteca sul futuro risultato la minaccia dei brogli elettorali all’estero, resi possibili e perfino facilitati da una balorda legge elettorale che delega alle spedizioni postali quel processo di votazione che in patria si svolge sotto lo strettissimo controllo dei vari seggi piantonati. Non si capisce perché un voto dato in queste condizioni controllatissime debba equivalere a un voto mandato per posta senza alcun controllo. In Italia, se uno qualsiasi si prende la sua scheda elettorale e se la porta fuori a passeggio, al bar la mostra agli altri o la regala a chi gli pare, viene denunciato. All’estero no. Questo era prevedibilissimo già 20 anni fa, quando il voto all’estero entrò in vigore. Quindi non c’è da meravigliarsi delle proteste e delle denunce, riferentesi in particolar modo all’Argentina, dove pare essersi organizzato il furto sistematico dei plichi in arrivo direttamente dagli uffici postali, complici i postini corrotti.
In Germania invece pare che si assoldino dei cacciatori di plichi, minorenni abili ad estrarre con le loro mani i plichi arrivati dalle cassette postali.
E come si fa a controllare?
Può l’esercito italiano piantonare gli uffici postali argentini? È vero che i plichi vengono inviati per raccomandata, ma se ne arrivano tutti insieme, a migliaia al giorno, come succede per le scadenze elettorali, è umanamente impossibile controllare uno per uno i loro numeri di raccomandata, ci vorrebbero delle macchinette scansionatrici speciali che dovrebbe inviare l’Italia all’estero.
Così, ad ogni nuova elezione politica, gli archivi dei consolati italiani in Germania si riempiono di decine e decine di cassette gialle accatastate alla buona e contenenti ciascuna centinaia di plichi elettorali che non si potrebbero controllare per numero neppure se l’intero personale ci lavorasse per un mese.
Tutte le schede dall’estero vengono poi inviate in un piccolo paesino di 8mila abitanti sulla via Flaminia, 25 km a nord di Roma, che si chiama Castelnuovo di Porto. Lì si danno appuntamento circa 10mila persone fra personale dei seggi, presidenti, scrutatori, rappresentanti di lista, forze dell’ordine, ecc., e dove già nel 1918 si sono date grandi lamentele per disorganizzazione e irregolarità varie.
Passiamo allora in rassegna i principali candidati sulla scena politica
Non tutti poiché i simboli presentati al Viminale in questa occasione corrispondono a ben 101 partiti diversi.
Cominciamo dalla coalizione di centrodestra che è composta da tre partiti principali: Fratelli d’Italia (FdI) guidato da Meloni, la Lega guidata da Salvini e Forza Italia guidata da Berlusconi. Per prima cosa bisogna tenere conto del fatto che le percentuali date dai sondaggi hanno un’attendibilità molto relativa e spesso vengono contraddette dai risultati effettivi delle votazioni. Infatti ci sono diversi sondaggi i cui risultati si contraddicono fra di loro. Secondo il già citato Quorum/Youtrend la Lega ha una percentuale del 13,4% mentre Fratelli d’Italia toccherebbe il 24 %. La questione è di primo rilievo. Infatti in numerose interviste pubbliche la Meloni ha ribadito che la scelta del capo del governo spetta di diritto al popolo italiano, il che significa che il partito che avrà più voti metterà il suo capo su quella poltrona. Ci avviciniamo alla repubblica presidenziale alla francese. Quindi se FdI ricevesse lo 0,1% di voti in meno rispetto alla Lega, Meloni è disposta a farsi spontaneamente da parte davanti a Salvini, poiché è agli italiani che spetta la scelta su chi votare.
Come d’accordo, Meloni e Salvini continuano a tirare nella stessa direzione, ma separatamente. Per quel che riguarda gli arrivi clandestini in Italia, entrambi vogliono arginarli drasticamente, però Giorgia Meloni punta sul blocco navale davanti alle coste della Libia, mentre Salvini vuole ripristinare i decreti di sicurezza. Una cosa non esclude l’altra. A Messina i due leader hanno tenuto due discorsi contemporaneamente in due posti diversi della città: al Mercato Vascone Meloni, e in un ristorante di Viale Libertà Salvini, che proseguirà poi la sua tournée a Comiso, a Scicli, a Gela ed a Palermo, mentre Meloni si presenterà a Catania. In questo momento nel Mezzogiorno soffia ad entrambi il vento in poppa.
D’altro canto, il PD di Letta continua a correre con gli stessi cavalli di battaglia striminziti quali i gabinetti speciali per transgender, la neolingua inclusiva e la cittadinanza facile a chiunque, che si è già visto come tirano bene. Secondo un sondaggio dell’Awi Enrico Letta viene considerato il peggiore presidente del Consiglio degli ultimi 20 anni. Inoltre negli ultimi tempi ha ricominciato a far capolino il musetto grazioso di Massimo D’Alema. Il loro ritornello allarmante è il pericolo del ritorno del fascismo al potere in Italia, a cento anni esatti dalla marcia su Roma. Su questo punto tutto dipende dalla definizione che si dà al termine “fascismo”, da quella rigorosamente storica a quella concettosamente allargata. Quest’ultima è sempre stata una specialità della sinistra. Non si dimentichi che un intellettuale come Pasolini qualificava come “fascisti” anche i democristiani come Aldo Moro. E come si sa, chi grida troppo spesso “al lupo” finisce col perdere credibilità. “Non si rendono conto di cosa comporterebbe una vittoria di Meloni, Salvini e Berlusconi? Si rischierebbe la bancarotta come nel 2011 e l’Italia avrebbe un piede fuori dall’UE” è un’altra fosca previsione scritta su Twitter dalla deputata del PD Laura Boldrini.
Salvini controbatte accusando il PD di antisemitismo, come ha fatto recentemente nel giornale Israel Hayom, il più diffuso in Israele, ricordando come sia stata l’ex presidente della Camera, proprio la signora Boldrini del PD, a invitare ufficialmente nel Parlamento Italiano Mohamed Ahmed al Tayyeb, l’imam che invoca la distruzione d’Israele. Ma anche Salvini, da parte sua, si trova attaccato da ogni lato per il suo equivoco filoputinismo. Su molti giornali europei sono usciti articoli allarmisti sulla possibile vittoria della coalizione destrorsa in Italia, che susciterebbe gravi problemi alla NATO ed all’UE. Perciò Giorgia Meloni si è affrettata a dichiarare il suo amore e fede eterna all’Occidente mentre da Bruxelles giungevano in missione speciale i due esponenti di spicco del Parlamento Europeo, Manfred Weber capogruppo del PPE, e Antonio Tajani di Forza Italia, a testimoniare dell’attaccamento dell’Italia all’Europa più forte di una colla all’epossido.
Secondo un sondaggio d’opinione realizzato con il metodo Cawi fra il 23 ed il 25 agosto, il tema più importante su cui si baseranno gli elettori per la loro scelta è l’economia (29%) seguita a distanza dall’immigrazione (6%) e dalla sicurezza (5%), dai problemi etici (3,7%), dalla politica estera (3,3%), dalla giustizia (2,5) e dalla pandemia (1,7%).
Il Movimento 5 Stelle, dal canto suo, tiene sul 11,8%: è un crollo catastrofico rispetto alle ultime elezioni, ma può continuare a vivere, se si considera che nessun partito ha fatto così tanto per screditarsi agli occhi dei suoi elettori.
Comunque il discredito generalizzato di tutta la classe politica italiana, perfino all’estero, è oramai un fenomeno di dimensioni paragonabili a una pandemia. In particolar modo i giovani elettori sembrano del tutto demotivati. Da diverse parti si è previsto che meno di un giovane su due andrà a votare il 25 settembre. Il partito più grande è quello dei non elettori, che a seconda dei vari sondaggi, si aggira intorno al 40% degli aventi diritto al voto.
Su questo punto, una volta tanto, Berlusconi ha trovato le parole giuste: “Denunciare una situazione che è davvero incredibile ed è inaccettabile in quella che vuole essere una vera e compiuta democrazia. Parlo del tasso di astensionismo, cioè del numero di italiani che dicono che non andranno a votare. È un tasso superiore al 40%, a cui bisogna aggiungere l’11% degli italiani indecisi. Questo significa che 23 milioni di italiani non andranno a votare e non capiscono l’importanza della scelta storica da compiere da noi tutti il 25 settembre.”
Il problema è che tanti elettori non sanno proprio più da che parte andare. La classe politica ha fatto di tutto per screditarsi davanti ai loro occhi ed anche il montanelliano invito “tappatevi il naso, ma andate a votare” non fa più presa. Non per essere pessimisti, ma la data storica di cui parla Berlusconi potrebbe essere il fallimento della democrazia.