Un’indagine sul razzismo in Germania presenta un quadro sconcertante
L’argomento compare di tanto in tanto nel discorso pubblico, ma fondamentalmente stampa e tv tendono a minimizzare la questione. Prevale l’immagine di un paese dedito a politiche di inclusione, impegnato a integrare gli stranieri e ad accogliere i rifugiati. Il che naturalmente è vero, ma esiste, purtroppo, anche l’altra faccia della medaglia, e sarebbe bene affrontarla a viso aperto, senza farsi vincere dalla vergogna e senza farsi schiacciare dal peso del passato.
Lo scorso maggio sono stati resi noti i risultati di un’indagine statistica condotta su un campione di 5.000 persone dal DeZIM, acronimo che sta per Das Deutsche Zentrum für Integrations- und Migrationsforschung (Centro tedesco per la ricerca sull’integrazione e sulla migrazione).
Si tratta di un’istituzione pubblica con sede a Berlino che fa capo al governo federale e che è stata istituita nel 2017 appositamente per monitorare la questione razzismo in Germania fornendo ogni due anni un rapporto. Quello uscito nel 2022 è il primo della serie, e i risultati sono a dir poco sconcertanti, al punto che la ministra federale della Famiglia Lisa Paus (Bündnis 90/Die Grünen), nel corso della presentazione ufficiale alla stampa del dossier, si è detta «scioccata» e la stessa responsabile dello studio, Naika Foroutan, sociologa della Humboldt-Universität di Berlino, ha manifestato una reazione incredula e stupita.
Il dato più eclatante del sondaggio, che reca il titolo Rassistische Realitäten – Wie setzt sich Deutschland mit Rassismus auseinander? (Realtà razziste – Come la Germania affronta il razzismo?), riguarda non tanto la presenza in sé del razzismo nella società tedesca, quanto la percezione della gente. Circa il 90% dei cittadini residenti nella Repubblica Federale pensa che esista un problema di mentalità e comportamento razzisti nella vita quotidiana, percepibili nelle scuole, sui treni, nelle istituzioni. Più di un quinto della popolazione (circa il 22%) ha dichiarato di essere già stato vittima di episodi di razzismo, e poco meno della metà (il 45%) afferma di avere assistito a fatti caratterizzabili come intolleranza razziale.
Un altro dato saliente relativo alla percezione del fenomeno è che il 65% degli intervistati ritiene che siano lo Stato e in generale le autorità pubbliche a praticare la discriminazione razziale. E circa la metà si dice convinta di «vivere in una società razzista». D’altro canto, il 45% degli intervistati sostiene che le critiche al razzismo sono esagerate e rappresentano una limitazione della libertà di espressione nel senso del cosiddetto “politically correct”. In pratica il problema starebbe nel fatto che quanti si lamentano del razzismo sarebbero in realtà «troppo sensibili». «Neppure il più elevato livello di istruzione formale protegge dalla discriminazione» si legge nel report che è stato presentato. Ancora oggi, nel 2022, spesso basta «il cognome straniero o anche solo un foulard» per essere trattati da cittadini di serie B. Consola il fatto che circa il 70% si dice disposto ad opporsi al razzismo, per esempio partecipando a una manifestazione o a una campagna di raccolta firme. Sono in particolare i giovani tedeschi che non accettano la discriminazione come un elemento strutturale.
Quello del DeZIM, come si diceva, è il primo “National Discrimination and Racism Monitor”, sondaggio a scadenza biennale che mira a fornire dati e suggerire azioni concrete al Parlamento e al governo. Da questo punto di vista si spera che il rapporto dia una scossa alle forze politiche per cambiare le cose. Per esempio, spingendo all’approvazione della nuova legge contro il razzismo che da tempo è in gestazione al Bundestag e che si chiamerà “per la promozione della democrazia”. I risultati dell’inchiesta sono leggibili al seguente link: https://www.rassismusmonitor.de/studie-rassistische-realitaeten.