A decorrere dal 1° gennaio 2012, per il pagamento al di fuori del territorio nazionale dei trattamenti pensionistici ai pensionati italiani residenti all’estero, l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) si avvale della Citibank che, in qualità di Istituto di credito designato contrattualmente a tale servizio è subentrato alle attività a suo tempo svolte dalla Banca d’Italia.
Le condizioni previste dal contratto di servizio prevedono, che Citibank proceda, con cadenza annuale, alla verifica dell’esistenza in vita dei beneficiari di pensioni pubbliche riscosse all’estero, al fine di evitare l’erogazione di prestazioni indebite del trattamento pensionistico e per consentire la riduzione dei tempi di lavorazione delle attività di sospensione e/o chiusura delle posizioni pensionistiche.
All’inizio di quest’anno Citibank ha avviato la campagna della verifica dell’esistenza in vita dei pensionati all’estero con la spedizione di un plico contenente una modulistica personalizzata. Il plico contiene una lettera di chiarimenti, relativa alle modalità di compilazione del modello di certificazione e il modulo di certificazione di esistenza in vita (modulo giallo), il tutto redatto in due lingue, e una busta da affrancare con l’indirizzo per la restituzione del modulo e degli allegati. La lettera avverte che il modulo deve pervenire alla Citibank entro il 3 giugno 2015. Il mancato ricevimento da parte di Citibank del modulo di certificazione di esistenza in vita debitamente compilato, firmato, datato e corredato dalla documentazione di supporto, potrebbe causare la sospensione del pagamento della pensione a partire da quella data. Sulla base di questa procedura, il pensionato dovrebbe recarsi presso un pubblico ufficiale (quello che la Citi definisce un testimone attendibile) del Consolato italiano, del Comune, del Tribunale o un Notaio per farsi autenticare la firma, e successivamente restituirlo a spese proprie alla Citibank allegando la fotocopia di un documento d’identità valido. Ora tutti sanno che questo comporta disagi, perdite di tempo e costi inutili per tutte le persone interessate. In particolar modo per coloro che ad una certa età hanno difficoltà fisiche o psico-fisiche, oppure che risiedono lontani dalle sedi di questi uffici. In alternativa, sarebbe molto più semplice se l’interessato potesse dichiarare di essere in vita con una semplice autocertificazione, così come prescrive la legge, comodamente a casa propria senza perdere tempo per andare da questo o quell’altro ufficio e pagare eventuali spese per l’autentica della firma.
La normativa italiana che regola l’accertamento dell’esistenza in vita da parte della Pubblica amministrazione (per esempio i Consolati, etc.) e dei gestori di pubblici servizi (per esempio l’Inps, etc.) è il D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 (Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di documentazione amministrativa) ed è oggi il testo normativo di riferimento in materia di documentazione amministrativa che riassume tutta la normativa legislativa e regolamentare che disciplina la materia emanata dal 1968 ad oggi. Sulla base di questa legge, i cittadini italiani e quelli appartenenti all’Unione Europea possono avvalersi della facoltà di presentare dichiarazioni sostitutive di certificazioni (autocertificazioni) o di atti di notorietà al posto dei certificati richiesti, anche quando sono residenti all’estero. Inoltre, con l’entrata in vigore delle modifiche introdotte dall’art. 15 della legge 12 novembre 2011, n. 183 (legge di Stabilità 2012) sulla disciplina dei certificati e delle dichiarazioni sostitutive, di cui al DPR 28 dicembre 2000 n. 445, dal 1° gennaio 2012 i certificati hanno validità solo nei rapporti tra i privati. Le pubbliche amministrazioni e i gestori di pubblici servizi non possono più chiedere ai cittadini certificati o informazioni già in possesso di altre pubbliche amministrazioni. Queste norme hanno come obiettivo la completa "de-certificazione" nel rapporto tra la Pubblica amministrazione e cittadini e operano nel solco tracciato dal citato Testo unico, dove era già previsto che nessuna amministrazione potesse richiedere atti o certificati contenenti informazioni già in possesso della Pubblica amministrazione. Ciò significa che tali certificati sono sempre sostituiti dalle dichiarazioni sostitutive di certificazione o dell’atto di notorietà e che dal 1° gennaio 2012 le amministrazioni e i gestori di pubblici servizi non possono più richiederli né accettarli. La richiesta e l’accettazione dei certificati costituiscono violazione dei doveri d’ufficio. Per effettuare i controlli sulla veridicità delle dichiarazioni, le pubbliche amministrazioni possono acquisire senza oneri a loro carico le informazioni necessarie con qualunque mezzo idoneo anche per via telematica. Le Pubbliche amministrazioni, titolari di banche dati accessibili per via telematica, devono permettere l’accesso ai dati o rispondere alle richieste di informazioni.
Ora, vediamo come l’Inps potrebbe correttamente applicare tale normativa anche per i pensionati all’estero. In primo tempo, l’Inps può verificare direttamente in Italia l’esistenza in vita dei pensionati, con cadenze più brevi e non annuali come avviene attualmente, accedendo direttamente alla banca dati Aire (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero) del Ministero dell’interno dove sono registrati tutti i pensionati italiani residenti all’estero. Questa banca dati Aire centralizzata viene aggiornata settimanalmente dai Comuni italiani che ricevono dai Consolati le variazioni anagrafiche delle persone residenti all’estero iscritte all’Aire. In caso di discordanza delle posizioni Aire con quelle della propria banca dei pensionati all’estero (per esempio la cancellazione dall’ Aire per irreperibilità o per decesso), l’Inps può accertare presso i Comuni italiani e presso quelli stranieri, attraverso i Consolati italiani, l’eventuale decesso del pensionato. In caso di esiti negativi, l’inps può eccezionalmente richiedere all’interessato il certificato di esistenza in vita in caso di fondati dubbi sull’esistenza in vita o sulla veridicità delle dichiarazioni, così come indicato nella circolare Inps n. 182 del 29 settembre 1999 sulla semplificazione della documentazione amministrativa. Questa procedura sarebbe molto più efficace perché effettuata in periodi più frequenti. E sarebbe più economica perché non è rivolta indiscriminatamente a tutti i pensionati, ma solamente a coloro, i cui dati riscontrano disallineamenti nella verifica della banca dati Aire.
Ora c’è da chiedersi come mai l’Inps non applica la normativa sull’autocertificazione e come giustifica la richiesta del certificato di esistenza in vita. A questa domanda, l’Inps risponde che opera nel pieno rispetto delle disposizioni vigenti in materia di autocertificazione e, che in qualità di soggetto pubblico, Inps attua compiutamente le norme che prevedono la possibilità di sostituire le certificazioni con dichiarazioni sostitutive da parte dei cittadini e accetta regolarmente le autocertificazioni prodotte ai fini dell’accertamento dell’esistenza in vita. Al contrario, afferma l’Inps, essendo Citibank un soggetto di diritto privato, non è tenuto ad attenersi alle suddette disposizioni . Nel definire le modalità più idonee ad assicurare l’efficacia dell’accertamento, Citibank ha ritenuto di non ricorrere all’autocertificazione.
Ebbene, le argomentazioni dell’Inps, che la Citibank, in qualità di appaltatore di un contratto pubblico, possa essere considerato un soggetto privato che non è tenuto ad attenersi alle disposizioni di legge sull’autocertificazioni, non convince affatto. Il pensionato Inps, anche quando si fa pagare la pensione all’estero, ha un rapporto giuridico con l’ente pensionistico italiano Inps e non con la banca privata Citibank. Pertanto un soggetto privato come la Citibank, che svolge una attività in appalto o in concessione per conto di un soggetto pubblico è tenuta ad accettare l’autocertificazione, poiché gestisce un pubblico servizio, come avviene per conto dell’Inps. Di conseguenza, la richiesta della certificazione dell’esistenza in vita è illegittima e costituisce una violazione dei doveri d’ufficio. Non solo per la Citibank, ma anche per l’Inps che concorre a raggirare la legge demandando questa illegittima procedura a Citibank.
In base alla Legge 7 agosto 1990, n. 241 sul procedimento amministrativo, l’attività amministrativa è retta da criteri di economicità, di efficacia. Ora, questa procedura della Citibank, oltre ad essere priva di fondamenti giuridici, non è neanche conforme ai principi di economicità ed efficacia cui sono tenute le pubbliche amministrazioni. L’attuale procedura della Citibank è molto meno efficace ed economica di quella indicata in alternativa. Se per esempio, il pensionato muore subito dopo aver inviato la certificazione, egli continua a riscuotere indebitamente la pensione fino alla prossima verifica annuale. Al contrario con la verifica Aire e gli accertamenti comunali e consolari l’Inps potrebbe sospendere il pagamento ai pensionati deceduti in tempi più brevi ed evitare eccessive spese postali di spedizione di plichi ai circa 360.000 pensionati residenti all’estero.
Fin qui si è dimostrato che l’Inps, applicando la normativa vigente, conseguirebbe dei risultati migliori della procedura attuata dalla Citibank. Ciò nonostante, questa procedura non è mai stata seriemente messa in discussione da nessun Ente, Comites, Patronato, Associazione o Consolato operante all’estero. Finora, tutti si sono limitati a riportare acriticamente le informazioni della Citibank sulle campagne annuali della verifica dell’esistenza in vita. Gli unici che hanno criticato questa procedura sono stati alcuni deputati e senatori eletti all’estero. Purtroppo a queste critiche sono seguite solamente richieste per alleggerire i disagi ai pensionati, ma non è mai stata messa in discussione la sua legittimità giuridica. Penso che ormai sia tempo di affrontare e approfondire a tutti i livelli questa tematica per il bene dei connazionali pensionati all’estero, per il bene dell’Inps stessa e non per ultimo per il bene del Paese.