La «storia del Natale» dietro la «storia di Natale»
Intorno all’anno 300 d. C. ci furono due cambiamenti decisivi nella storia del cristianesimo: da un lato il numero di persone che si dicevano cristiane aumentò enormemente; dall’altro il cristianesimo passò dall’essere una religione perseguitata all’essere considerata una religione tollerata e più tardi persino favorita.
Nei due secoli precedenti i cristiani erano stati oppressi, perseguitati, uccisi. Si dovevano nascondere. Il loro Dio veniva osteggiato e preso in giro. Nonostante questo – o forse proprio per questo – il numero dei fedeli cresceva. Come disse una volta il padre della chiesa Tertulliano: «Il sangue dei martiri è seme per i nuovi cristiani». Improvvisamente e inaspettatamente però, pochi anni dopo l’ultima grande persecuzione (quella di Diocleziano e Galerio 303-311), l’imperatore Costantino iniziò a considerare il cristianesimo come una religione, che portava con sé i presupposti per dare al suo grande impero un’unità ideologica interna.
Gli storici non sono d’accordo nel definire la causalità di questo processo: non si sa, se l’imperatore divenne cristiano perché il cristianesimo si stava diffondendo così velocemente o se il cristianesimo si diffuse così velocemente perché l’imperatore aveva iniziato a sostenerlo. In ogni caso per unificare le varie correnti cristiane, che si erano sviluppate nei secoli precedenti, Costantino convocò nel 325 il primo concilio ecumenico a Nicea, una piccola città vicino all’attuale Istanbul che al tempo si chiamava ancora Bisanzio prima di essere ribattezzata pochi anni dopo, proprio in onore del grande imperatore, Costantinopoli. In questo concilio si dovevano determinare alcune verità centrali della fede cristiana che non erano assolutamente oggetto di un consenso generalizzato e che avevano provocato non poche turbolenze tra i fedeli della nuova religione. Si doveva definire il rapporto tra Dio Padre, Gesù e lo Spirito Santo, ma anche decidere se Gesù fosse solo uomo o avesse una natura divina e se fosse stato generato oppure creato. Questi problemi di alta teologia tuttavia interessavano poco l’enorme massa di persone che si convertiva al cristianesimo in quegli anni turbolenti. Lo stesso Costantino non era molto attento alle sottigliezze, tanto che sul letto di morte si fece battezzare da un vescovo suo amico, che difendeva una dottrina dichiarata eretica proprio nel Concilio di Nicea.
Alle comunità cristiane interessava sentire la storia di Gesù
Molti cristiani erano piuttosto alla ricerca di narrazioni, che ne definissero l’identità, volevano feste e celebrazioni rituali per sentirsi davvero una comunità religiosa, come si era abituati nell’ambito dell’antica religione romana. Non erano le discussioni teologiche speculative e in gran parte incomprensibili sulla doppia natura di Gesù e sulla composizione della Trinità che interessavano alla gente comune. Quello che volevano sentire era la storia della vita di Gesù, dei suoi miracoli, di quello che aveva fatto e di cosa aveva predicato. Questo desiderio della gente semplice ebbe anche un impatto sulle feste liturgiche: mentre la festa della resurrezione di Gesù era stata celebrata sin dall’inizio della vita della chiesa, le prime testimonianze di una festività che facesse memoria della sua nascita risalgono proprio alla prima metà del quarto secolo. La nascita del Figlio di Dio, il giorno di Natale, fu celebrata per la prima volta dalla comunità cristiana romana e si diffuse molto velocemente in tutto l’impero, divenendone il centro dell’interesse.
La festa del Natale si diffuse dopo la festa della Resurrezione
Qualche decennio prima una tale festa sarebbe stata ancora considerata un’usanza pagana, infatti i veri cristiani non ricordavano il loro compleanno, quanto piuttosto il giorno della propria nascita come cristiani, ovvero il giorno del battesimo, o anche il giorno della nuova nascita in cielo, cioè il giorno della morte dei martiri. Ma più la festa della nascita di Gesù veniva messa al centro dell’attenzione, più se ne volevano sapere i dettagli. Le fonti a riguardo erano però decisamente scarse. E anche negli unici due resoconti ufficiali che ne parlano all’inizio del Vangelo di Luca e di quello di Matteo le contraddizioni e le inesattezze sembrano insormontabili. Se si tralascia il fatto che la madre del bambino si chiamasse Maria, che fosse vergine e che il parto avvenne a Betlemme, un paesello vicino a Gerusalemme, in tutto il resto i due racconti sono diversi. Ma questo non sembrava costituire un vero problema per i cristiani. Quando Elena, la madre dell’imperatore Costantino, si recò in Terra Santa alla ricerca di testimonianze della vita di Gesù, vi fece costruire due belle chiese. Una a Gerusalemme, il luogo dove Gesù fu torturato, morì e risuscitò, l’altra a Betlemme, dove Elena aveva precedentemente identificato una grotta come luogo di nascita del Salvatore.
Poche le conoscenze sicure
Anche se la festa del Natale si è sviluppata relativamente tardi, nessun altro evento storico ha influenzato negli ultimi due millenni lo sviluppo della cultura e della società europea – e poi del mondo – tanto quanto la nascita di Gesù. Alla luce di ciò le incertezze storiche che gli studiosi ancora hanno su ciò che è accaduto nella Notte Santa sono a dir poco sorprendenti. Nonostante tutta la tradizione ecclesiastica e le analisi delle fonti storiche, non si sa ancora in che giorno di quale anno sia nato Gesù (certamente non il 25 dicembre dell’anno 0) e anche la questione del suo luogo di nascita è molto dibattuta (molto probabilmente Gesù venne al mondo a Nazareth e non a Betlemme). Allo stesso modo la valutazione dei governanti dell’epoca – i romani – così come del re sotto il quale nacque Gesù – Erode – è ambivalente. Certo è che il famoso censimento come anche la “strage degli innocenti” non ci sono mai stati. Ma anche il fatto che la Sacra Famiglia non fosse veramente povera (il viaggio di Maria, prossima al parto, da Nazareth a Betlemme si può spiegare solo ammettendo che lei possedesse un terreno) e che i tre Re Magi non fossero né tre, né re, sono oramai dati acquisiti. Nella stalla – che forse però era una casa – non c’erano nemmeno il bue e l’asino e gli angeli, oltre ad essere araldi, erano anche guerrieri armati di cui tutti avevano paura.
Ciò che si celebra crea comunità e dona speranza
Ad ogni modo le conoscenze davvero chiare e fisse sono davvero poche. Tutto questo non preoccupava i fedeli del quarto secolo, come non li preoccupa oggi. La storia della nascita di Gesù è bella e anche credibile. Questo basta a costruire una identità comune per la comunità dei credenti. Tra il 325 e il 354 – dopo avere deciso di trasferire la data della festa dalla primavera (dove si celebrava già la Pasqua) all’inverno – si cominciò a celebrare il Natale il 25 dicembre. Da allora la festività della nascita di Gesù conquistò tutto il mondo cristiano. In una famosa predica risalente al 386, il grande vescovo Giovanni Crisostomo esortava i fedeli a celebrare la «madre di tutte le feste cristiane». Tutti dovrebbero «rendere la casa vuota» per la venuta del Signore. Il trionfo della festa Natale includeva naturalmente tutti gli elementi chiave che si trovano nei Vangeli di Luca e Matteo – ma anche numerosi dettagli, che si possono leggere negli scritti apocrifi o che si sono semplicemente sviluppati nel corso del tempo. Nessuno era davvero interessato all’accuratezza storica, ma tutti erano – per citare ancora una volta le parole del Crisostomo – «commossi da questo spettacolo tremendo e meraviglioso». Fin dall’inizio la celebrazione della nascita di Gesù è stata più che una semplice data o un insieme di fatti svoltisi intorno alla grotta o alla casa di Betlemme. Ciò che si celebra è la memoria collettiva, che Dio si è fatto uomo, e questa incarnazione crea comunità e dona speranza, oggi come già nel quarto secolo. Alla fine la festa liturgica del Natale è servita anche a ridurre la complessità dei dibattiti teologici intorno ai primi complicati concili, mostrando un contenuto semplice ma fondamentale per ogni cristiano: Dio si fa carne e vuole abitare tra gli uomini. Di fronte al potere esplosivo e rivoluzionario di questa promessa, il luogo, la data, l’ora, le persone e gli animali che erano presenti o meno divengono solo di secondaria importanza. Dio si è fatto uomo in un bambino: questo era ed è il messaggio fondamentale espresso nella storia della nascita di Gesù, dall’inizio fino ad oggi e – presumibilmente – finché esisterà la festa del Natale.