l diluvio universale descrive, all’inizio della Bibbia, la catastrofe per eccellenza. Dio ha appena creato l’universo e ha posto il genere umano nel giardino di Eden. A causa della disobbedienza prima il genere umano perde il paradiso terrestre e poi per lo sviluppo incontrollato della violenza e della malvagità Dio decide di annientarlo con un diluvio.
Il racconto del diluvio non riferisce un avvenimento storico preciso ma dà voce a una paura ancestrale presente nelle tradizioni mitologiche di tantissimi popoli dell’antichità. La situazione che si sviluppa nella Bibbia è però unica. Infatti, nei racconti dell’Oriente antico o delle tradizioni degli antichi popoli dell’America Centrale l’idea di distruggere l’umanità è propria di divinità cattive. Invece l’iniziativa di salvare almeno un «giusto» – anche la figura di un Noè che si salva è una costante nei racconti di mitiche inondazioni – proviene da divinità positive. Nella Bibbia però c’è un’unica divinità e questa è responsabile sia della creazione che del diluvio e della distruzione. Infine è responsabile della salvezza del genere umano.
Anche in questo racconto la tentazione di attribuire a Dio un atto punitivo sembra essere ben giustificata nel testo biblico. Anche la critica profetica – «le mie vie non sono le vostre vie» (Is 55,6) – o quella di Paolo – «come sono imperscrutabili le sue vie» (Rom 11,33) – sembrano andare in questa direzione interpretativa.
La conclusione del racconto del diluvio lascia invece intravvedere un’altra prospettiva. Dio stesso si rende conto che il diluvio non ha portato ad alcun effetto positivo: il genere umano resta incorreggibile e ostinato «malvagio sin dalla giovinezza» (Gen 8,21).
In questo modo possiamo ben comprendere che la catastrofe non serve a far cambiare l’umanità ma serve a modificare il giudizio divino: proprio perché l’uomo è incorreggibile, Dio decide di non «tornare più a colpire ogni essere vivente come ha fatto» (Gen 8,21). Un cambio di prospettiva rivoluzionario e unico.