Che cosa significa credere oggi – Intervista a Emiliano Tognetti, psicologo e giornalista
Siamo con Emiliano Tognetti, autore del libro “La bellezza della fede”, edito da Graphe.it, nel quale l’autore ha raccolto le esperienze di fede di persone note e di persone comuni. In occasione dell’uscita del suo libro, abbiamo toccato con lui alcuni punti del tema per illustrare per sommi capi questo lavoro editoriale.
Dottor Tognetti, in una società laica, secondo lei, si può parlare di fede? Che spazio può avere nel dibattito pubblico?
Grazie per la domanda. Partirei brevemente da un equivoco di fondo che spesso è un pretesto per fare polemica: “laico”, in senso stretto non è sinonimo di “non credente”, ma nella sua accezione originale indica chi che non appartiene allo stato clericale. In questa accezione, per la “fede” c’è – e dovrebbe essere sempre garantito – uno spazio nel dibattito pubblico, scevro da fraintendimenti o forzature. Nella nostra società democratica, tutti possono, e dovrebbero, esercitare il loro credo, senza incorrere in pericoli di alcun tipo o in discriminazioni di alcun genere. Poi la fede si articola nella religione, che è la via per vivere la propria esperienza in una comunità, è l’insieme dei riti che servono per rendere comprensibile questa esperienza a più persone unite da un riferimento comune, che è Gesù Cristo.
Che funzione assume la fede?
La fede assume molte funzioni, se ben vissuta. Intanto, la fede è un incontro; anzi per chi crede è l’Incontro, quello che ti cambia la vita. Un incontro libero e alla portata di tutti. Spesso confondiamo la fede con la religione, che invece è il mezzo con cui alimentare e vivere bene la propria fede e il cammino comunitario della Chiesa, che è la famiglia per tutti coloro che desiderano fare questo incontro. Ci sono modi distorti di vivere la fede e di questo accenniamo nel libro: se la fede è vissuta solo a livello di rito, pensando che Dio esaudisce un nostro desiderio perché lo abbiamo pregato, oserei dire che siamo a livello di “magia” o “superstizione”, che della fede è l’esatto contrario. Poi ci sono le polemiche relative alla fede, che spesso sono forzature storiche e anche molto sterili: in nome della fede, sia come pretesto che come giustificazione, sono stati commessi tanti errori e perpetrato molti crimini. Questo senza dubbio è vero e non bisogna tacerlo. Accanto a ciò, tuttavia, c’è molto, moltissimo che è stato ispirato dal bene per l’uomo e dall’amore trasmesso dal Vangelo: la scienza stessa per un cristiano è lo strumento che Dio ci ha dato per custodire il creato e per molti uomini è un modo per scoprire il mondo. Il rischio, sempre dietro l’angolo, è quello di scambiare il creato per il Creatore e di vivere in funzione del mondo, diventando schiavi di quello che invece siamo chiamati a custodire. La prospettiva cambia molto e spesso ce ne rendiamo conto nella vita di tutti i giorni, con le nostre insoddisfazioni o con i nostri egoismi, che sono la vera radice di tantissimi mali personali e sociali.
Perché diverse prospettive della fede?
In realtà non credo che esistano diverse “prospettive” di fede, credo che esista la fede vissuta da persone, ognuna nel suo tempo e ognuna nel proprio spazio vitale e sociale. La fede nasce da un incontro d’amore con Cristo e ogni incontro è personale, non è mai uguale per nessuno e in ognuno suscita il meglio, attraverso le proprie miserie e con la possibilità di crescere e diventare uomini e donne. Tanto per essere concreti: il Vangelo, non ci parla di superuomini, ma di persone che fanno lavori comuni e che non hanno caratteristiche particolari, ma sono cittadini del loro mondo e del loro tempo. Un giorno come tanti hanno incrociato Cristo e la loro vita è cambiata perché si sono aperti all’amore. Altri, come il “giovane ricco” hanno incontrato Cristo e sono tornati sui propri passi e Dio “non li ha fulminati”, ma ha rispettato, seppur con dolore, la loro scelta. Gli apostoli stessi, che sono stati messi a capo della Chiesa, non fanno una gran bella figura nel Vangelo, eppure proprio per questo sono uomini “belli”, perché non hanno fatto, ma si sono lasciati fare e da lì, dopo l’incontro con il Risorto, hanno iniziato a vivere. E anche in questo c’è una bellezza, perché sono persone “normali”, con le loro virtù e i loro difetti. Anche noi, come loro, possiamo fare la nostra parte.
Come sono state scelte le persone da intervistare?
Le persone sono state scelte o in base alla loro formazione, mi riferisco a Paolo Curtaz, ai cardinali o a don Epicoco o per la loro esperienza di vita, a quell’incontro che ha cambiato la loro vita e i cui frutti sono sotto gli occhi di tutti nel caso di Ernesto Olivero con il Sermig o di Salvatore Martinez con il Rinnovamento nello Spirito. Accanto a loro, che comunque sono persone “note”, ho voluto mettere persone di “tutti i giorni”, per far vedere che ognuno, sia una famiglia, un giovane o un’impiegata, nella loro vita quotidiana, fatta di amore e dolore, può fare un incontro che gli ha cambiato veramente la vita, perché anche nel buio, la bellezza si può vivere come un’esperienza di vita.
Che cosa hanno in comune gli intervistati?
Come già accennavo, facendo anche qualche nome, tutti gli intervistati hanno in comune di aver accolto l’invito di Gesù, di essersi lasciati provocare da lui e di aver sperimentato, ognuno a proprio modo, questa esperienza di vita. Anche nelle interviste più teoriche, traspare questa tensione, questa esperienza; non è un libro di teologi per studenti, ma è un aiuto per vedere come spesso viviamo di fretta e non cogliamo nel dolore, nella fragilità, nel vuoto l’occasione per riempire quel cuore assetato che non si placa, come ci dice sant’Agostino.
Quale è la sua accezione di fede e come la vive?
La mia accezione di fede credo sia emersa dalle mie risposte precedenti. Non mi ritengo un teologo, un bigotto o un bacchettone. Ho fatto un’esperienza di fede, un incontro con cui sono cresciuto e che non mi ha risparmiato difetti, errori e momenti dolorosi; ho sofferto personalmente e, mio malgrado, sono stato io stesso una persona che ha sbagliato con gli altri e quando ne ho avuto l’occasione, sono stato corretto e ho chiesto scusa, rimediando ai miei errori. E sono cresciuto. Questo non è poco, almeno per me. Non mi sento particolarmente fortunato rispetto a chi fa scelte altre rispetto alla mia; siamo esseri umani e abbiamo il dovere morale di essere “fratelli tutti”, come ci ricorda papa Francesco. È Gesù che vuole proporci un incontro con lui e io lo vivo così, come persona viva nel cuore e nelle mie relazioni, a partire da quella con la mia fidanzata Michaela e vedo, che nei momenti difficili, abbiamo un grandissimo punto di riferimento per superare gli ostacoli mentre nei momenti belli possiamo ringraziarlo e vivere serenamente con le persone a noi vicine e che incontriamo nella vita di ogni giorno.