Foto simbolica ©PCB

Referendum Eutanasia legale in Italia– Oltre 800.000 firme raccolte finoa inizio settembre

La campagna di raccolta firme per promuovere il referendum “Eutanasia legale” ha avuto gran successo durante le settimane estive, tanto che il numero necessario di firme raccolte per rendere possibile il referendum abrogativo, 500.000, è stato ampiamente raggiunto già ad agosto. La campagna di raccolta firme proseguirà tuttavia fino a fine settembre anche online.

Vediamo di che cosa si tratta

Il referendum, abrogativo, chiede la cancellazione parziale dell’articolo 579 del codice penale che punisce con una pena da sei a quindici anni chi aiuta una persona a morire, il cosiddetto omicidio del consenziente. Si tratterebbe di una cancellazione parziale perché resterà punibile chi commette il fatto contro un minore, contro una persona incapace o contro una persona il cui consenso è stato estorto con violenza o con minaccia.

La proposta del referendum mira a rendere possibile l’eutanasia e il testamento biologico nel nostro Paese. L’iter è però lungo perché una volta fatto il referendum e, ammesso che vincano i sì abrogativi, poi toccherà al Parlamento legiferare sul tema.

Finora l’eutanasia attiva è vietata dal nostro ordinamento, si legge sul sito online di raccolta firme referendum.eutanasialegale.it, “sia quella diretta, in cui è il medico a somministrare il farmaco” alla persona che lo richiede, sia quella indiretta dove per esempio, il medico, prepara il farmaco che viene assunto autonomamente dalla persona che ha deciso di porre fine alla propria vita.

In Italia forme di eutanasia passiva, cioè la sospensione delle cure per evitare l’accanimento terapeutico sono considerate lecite.

Il principio di disponibilità della vita e l’inerzia del legislatore

Negli anni scorsi ricordiamo i casi del dj Fabo, rimasto tetraplegico dopo un incidente, che scelse di morire con il suicidio assistito e fu accompagnato in Svizzera da Marco Cappato, tesoriere dell’associazione “Luca Coscioni” e uno dei maggiori attivisti a favore del referendum. Il 27 febbraio 2017 venne somministrata a Fabo la dose letale, dopo una visita medica e psichica che verificò la piena determinazione al fine vita. Marco Cappato poi si autodenunciò e ci fu il processo che portò alla sua assoluzione nel 2019. La vicenda del processo servì a portare alla luce la mancanza di una legge che regoli l’eutanasia legale. Intervenne la Corte costituzionale che chiese al Parlamento di colmare il vuoto legislativo. L’apertura della Consulta al suicidio assistito orientò la Corte d’assise d’Appello alla sentenza di assoluzione nei confronti di Marco Cappato.

Il caso del dj Fabo catturò l’interesse del giudico del tribunale dell’Aquila, Marco Billi, che sul caso e sulla necessità di una legge ha scritto un libro, uscito in estate “Soli nel fin-vita. Il caso Cappato e la necessità di una legge” (Edizioni Mondo Nuovo, Pescara). Così ha dichiarato Marco Billi all’agenzia Ansa in occasione dell’uscita del suo volume: “Il principio di legalità è fondamentale e l’inerzia del legislatore non può e non deve ricadere su noi magistrati e, men che meno, sulle famiglie delle persone che non sono più in grado di scegliere per il loro fine vita. Nessuno deve essere lasciato solo: né il magistrato al momento della decisione secondo legge, che in questo caso manca, né i cittadini”. Va ricordato che già nel 2013 fu depositata alla Camera su iniziativa popolare una proposta di legge sull’eutanasia legale. Solo recentemente le commissioni congiunte Giustizia e Affari costituzionale di Montecitorio hanno approvato un testo base.

Che cosa teme chi è contrario al referendum

Con il referendum si vuole passare dal principio di indisponibilità al principio di disponibilità della vita. Parallelamente anche in Germania si espresse la Corte Costituzionale nel febbraio 2020 depenalizzando il suicidio assistito, reato che nel 2015 entrò nel codice penale tedesco. Venne depenalizzato il suicidio assistito sulla base del principio di autodeterminazione. Le posizioni a favore dell’eutanasia poggiano sul principio di disponibilità alla vita, come espresso in Italia, o di autodeterminazione, come si definisce in Germania.

Fra i contrari al referendum c’è chi mette in discussione che il testamento biologico sia veramente espressione di piena autodeterminazione. Antonio Marfella, presidente dei medici per l’ambiente a Napoli, ha scritto recentemente sul Fatto Quotidiano che la massiccia campagna al referendum sposta l’attenzione dai “problemi gravissimi che incombono su ogni cittadino italiano per sopravvivere”. Il suo timore è che “sottoscrivendo testamenti biologici a priori si dia poi in mano a terzi la determinazione al fine vita qualora non si possa più ritrattare”. Le cure per i malati di cancro sono costose per lo stato e l’eutanasia, continua Antonio Marfella “potrebbe togliere il pensiero e gli elevatissimi costi di assistenza per i malati terminali sia allo stato che alle famiglie con una “opportuna” eutanasia”. Una preoccupazione manifestata anche dalla Chiesa cattolica italiana, monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la vita, parla di rischio di eugenetica, di una deriva del principio del valore della vita per cui vale la pena vivere solo se si è sani, giovani. “La mia preoccupazione è davvero profonda, ha detto l’arcivescovo Paglia a Vatican News. “è indispensabile che la Chiesa ricordi a tutti che la fragilità, la debolezza, è parte costitutiva della natura umana”. Il principio dell’autodeterminazione va armonizzato con quello della salvaguardia della vita, è quando ritiene anche la chiesa tedesca. Il problema è che oggi chi si trova in una grave situazione da invocare il fine vita si trova costretto a farlo all’estero o clandestinamente. Per Mario Riccio, il medico che sedici anni fa aiutò Piergiorgio Welby, affetto da distrofia muscolare, a rifiutare il trattamento che lo teneva in vita, è un dovere morale del medico dare la morte al paziente che lo richieda in determinate condizioni, perché è la medicina che ha creato queste condizioni di vita: “A questo punto io ho il dovere morale, se il paziente che è in condizione di sofferenza fisica o psichica, e ha una prognosi breve, di aiutarlo. Se lui mi chiede questa alternativa di morire oggi, adesso, immediatamente, io non posso sottrarmi secondo la mia etica”. La raccolta firme è solo il primo passo, la questione dell’eutanasia legale è delicata e complessa, per questo andrà affrontata con un dibattito serio e sereno, che auspichiamo sia senza litigiosità di parte sul piano politico.

La situazione in Germania

Nel febbraio 2020 la Corte costituzionale tedesca ha depenalizzato il suicidio assistito sulla base del principio di autodeterminazione che a sua volta si basa sull’inviolabilità della dignità umana. (Si vedano gli articoli del Corriere d’Italia “Diritto al suicidio”, marzo 2020 di Saro Spina e “A chi appartiene la nostra vita?”, dicembre 2020 di Alessandro Bellardita). La sentenza della Corte di Karlsruhe è molto forte perché non pone limite al diritto al suicidio assistito, né di età né di stato di salute. Ovviamente spetta poi al legislatore regolare questo principio con una legge. Resta tuttavia una sentenza molto liberale che è stata recepita molto criticamente dalla Chiesa cattolica tedesca perché teme una deriva verso l’eutanasia che non faccia riflettere invece sulla salvaguardia della vita. È inaudito ha detto Georg Bätzing, presidente della Conferenza episcopale tedesca, che i giudici di Karlsruhe abbiano dato unicamente sostegno alla visione dei sostenitori del suicidio assistito e che non sia stata fatta una valutazione fra diritto fondamentale all’autodeterminazione e la difesa della vita, così nella trasmissione di ARD “Hart aber Fair” dello scorso novembre.

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