Forse la festività della Pentecoste, trascorsa da poche settimane, non è da noi pienamente riconosciuta nella sua importanza, eppure ci ricorda che lo Spirito Santo è anche su di noi e ci chiama a essere testimoni concretamente nella nostra vita. Lunedì 24 maggio, festività di Pentecoste, la Delegazione ha organizzato una giornata di spiritualità sullo Spirito Santo a cura di padre Sergio Rotasperti, un’occasione per fargli qualche domanda.
Chi è lo Spirito e che cosa fa, padre Sergio?
La questione di fondo è comprendere chi è lo Spirito e che ruolo ha nella nostra vita, perché è molto difficile oggi riconoscere la sua presenza. Nel percorso che ho proposto mi sono concentrato sull’opera del vangelo di Luca, perché rispetto a Giovanni e a Paolo, in Luca ci sono molti dati su che cosa fa lo Spirito. Partendo dai vangeli dell’infanzia possiamo vedere come lo Spirito sia presente in diversi personaggi e poi possiamo guardarli da vicino e vedere la correlazione con l’oggi con le nostre vite. Penso ad Elisabetta, a Simeone, loro usano la parola Spirito, parlano dello Spirito dicendo “lo Spirito parla”. Tutti sono mossi sotto lo Spirito. Gesù dice “lo Spirito è su di me”, con la Pentecoste lo Spirito scende sugli apostoli, è la stessa dinamica. La festa di Pentecoste serve anche per capire in che senso si ripete questo evento della presenza dello Spirito. Ecco quindi che a partire dai testi possiamo riconoscere lo Spirito e che cosa fa per poi andare a vedere nelle nostre vite se c’è continuità con quello che dice il vangelo. Negli atti di Filippo si dice che lo Spirito gli suggerisce di andare verso Gaza e sulla strada incontra l’eunuco. È una persona che non è credente ma che poi lo diventa. Questa persona diventa credente perché le persone si incontrano, entrano in relazione. Lo Spirito dà forza, abilita le persone a fare certe cose. I testi mettono in luce un dinamismo che lo Spirito mette in evidenza, lo Spirito spinge le persone. Lo Spirito chiama le persone a essere testimoni a relazionarsi. Lo Spirito rende liberi.
Padre Sergio, dicevi che lo Spirito ci relazione con l’altro. Come riconoscere lo Spirito oggi nella chiesa?
Ancora un altro esempio dagli Atti degli apostoli. Pietro va da Cornelio, persona devota ma pagana. Pietro va in casa di un pagano e accetta quello che un pagano fa, ossia mangiare cibi impuri. Tornato a Gerusalemme Pietro viene accusato perché ha creato un problema dentro la chiesa. Pietro riconosce la presenza dello Spirito Santo anche nel mondo pagano e ha il coraggio di affrontare il conflitto. La sua è la capacità di mettere in discussione. Lo Spirito si muove anche dentro la chiesa. Quando pensiamo per esempio al Cammino sinodale, ci chiediamo se la Chiesa è troppo concentrata su stessa oppure se sta andando incontro alle persone? La Chiesa ha spesso paura di confrontarsi con totale libertà con il mondo di oggi. Ma occorre anche la spinta evangelizzatrice e vedo poco la voglia di portare Gesù alla gente. Anche nelle nostre comunità, domandiamoci: siamo chiusi dentro alle nostre dinamiche rituali o siamo capaci di aprire dei cammini? Lo spirito apre cammini. Ti mette in discussione, ti impegna e ti responsabilizza. Riteniamo di essere i migliori ma lo Spirito scardina questo orizzonte. Lo dice molto bene papa Francesco nella “Fratelli tutti” al paragrafo 281 “Il punto di partenza dev’essere lo sguardo di Dio. Perché ‘Dio non guarda con gli occhi, Dio guarda con il cuore. E l’amore di Dio è lo stesso per ogni persona, di qualunque religione sia. E se è ateo, è lo stesso amore. Quando arriverà l’ultimo giorno e ci sarà sulla terra la luce sufficiente per poter vedere le cose come sono, avremo parecchie sorprese!’”.