L’angolo della psicologia di Claudia Bassanelli
In alcuni momenti della vita la sofferenza psicologica si può manifestare in modi diversi, tra i quali sintomi d’ansia, attacchi di panico, malesseri fisici non spiegabili dalla medicina; ci si può sentire tristi, abbattuti, senza speranza e non riuscire a trovare una spiegazione o le giuste parole per capire che cosa sta accadendo.
Situazioni diverse possono concorrere a causare queste reazioni: cambiamenti esistenziali pregnanti, esperienze di perdita e di lutto, eventi di malattia propria o di un familiare, momenti difficili nella relazione con persone importanti, difficoltà nella gestione del lavoro o del percorso di studi che si è scelto. Lo stesso sintomo, come ad esempio l’ansia, può assumere significati diversi per chi lo vive anche quando si presenta nella stessa modalità in più persone. Tutte queste situazioni potrebbero essere chiamate critiche proprio per il peso psicologico e fisico che assumono nella nostra vita.
Parlare di situazioni critiche ci riporta al concetto di crisi: qualcosa che accade, in modo improvviso e violento, e che distrugge un equilibrio, mettendo in discussione le nostre sicurezze. Talvolta “una crisi” può nascere senza che vi sia un motivo scatenante, ma come la risultante di un lungo percorso di eventi stressanti e dolorosi.
Di qualsiasi crisi emotiva si parli, essa assomiglia ad un fulmine che squarcia e divide il cielo in due parti: un prima, passato, in cui ci sembrava di essere sereni e soddisfatti, e un dopo, in cui qualcosa è cambiato completamente, lasciandoci turbati e spaventati. Il termine “crisi”, in effetti, richiama proprio il concetto di dividere, separare, valutare, provenendo dalla parola greca “krino”: la crisi ci divide in due, tra ciò che eravamo e quello che siamo adesso, anche quando questo ci appare ancora sconosciuto.
Parlando di “crisi” con le persone, ci si accorge subito che essa viene collegata a pensieri negativi: “mi sta venendo una crisi”, “il mio rapporto è in crisi”, “la mia azienda è in crisi”; questo per esprimere che per noi il suo significato profondo è quello di qualcosa che sta andando male, che tracolla, finisce, si distrugge. Se tuttavia rispolveriamo le nostre memorie, e l’etimologia antica del termine, ci accorgiamo che la crisi, seppur traumatica, ci conduce spesso ad un cambiamento, ad una nuova prospettiva, a costruire parti di noi mai conosciute prima e non necessariamente malevole.
Si può forse pensare che ad essere critico è ciò che cambia, piuttosto che il cambiamento in sé?
Di qualsiasi cosa si tratti, momenti esistenziali con queste caratteristiche possono sembrare senza fine e senza via d’uscita, proprio per il loro grado di scelta, separazione e dolore. Tutte le nostre energie appaiono chiamate in causa per “dividere valutare separare”: per la crisi, in sostanza.
In ognuno di questi casi una consulenza psicologica può aiutare a ridefinire insieme il significato di ciò che ci succede e ad individuare il percorso più adatto per trovare un nuovo equilibrio e per dare un nome alla propria “crisi”. L’intervento sulla “crisi” è volto ad accogliere la persona portatrice di una sofferenza, permettendole di appoggiarsi, anche solo temporaneamente, su di una stampella con cui camminare e sostenersi, per un piccolo pezzettino di strada.
Altre volte, invece, un intervento terapeutico sulla “crisi” può mirare alla comprensione del significato della crisi, per poter successivamente inserire le difficoltà affrontate nella storia di vita della persona.
L ‘obiettivo dell’intervento terapeutico della crisi, a breve o lungo termine, non è solo il superamento del problema attuale ma anche la costruzione di strumenti, pensieri ed emozioni nuove che permettano di affrontare i momenti critici futuri.
La psicoterapia non è chiamata, paradossalmente, a risolvere una crisi, ma a renderla la nostra crisi, portatrice della storia e delle parole che parlano di noi.