Rileggere l’Amoris Laetitia nell’anno dedicato a San Giuseppe
Il titolo sopra è l’incipit dell’Amoris Laetitia, le parole che aprono l’esortazione apostolica del 2016 di papa Francesco. L’esortazione è una riflessione pastorale, frutto delle considerazioni del sinodo dei vescovi delle chiese particolari (le comunità che fanno capo a un vescovo) e consegnate al papa. In armonia con il tema dell’anno pastorale in corso sui rapporti interpersonali, la Delegazione ne ha riproposto la lettura, in un incontro online lo scorso 1° maggio con una relazione molto seguita di don Giuseppe Cagnazzo, missionario di Wiesbaden, già incaricato della commissione famiglia nella diocesi di Taranto.
Don Giuseppe, perché rileggere l’Amoris Laetitia?
Perché il 26 giugno prossimo sarà celebrata la decima giornata delle famiglie e sono trascorsi cinque anni dalla pubblicazione dell’esortazione che fu siglata dal papa il 19 marzo, festa di San Giuseppe. Questo poi è l’anno speciale di San Giuseppe, perché ricorrono i 150 anni dalla sua proclamazione come patrono della chiesa universale: e san Giuseppe è marito, padre che sa assumersi responsabilità e prendere decisioni sagge nella famiglia.
Qual è l’importanza dell’esortazione e la sua attualità?
L’importanza dell’esortazione è il guardare alla pastorale della chiesa dal punto di vista della famiglia e in questo senso propone un cambiamento di prospettiva. Attualmente abbiamo nelle parrocchie una pastorale settorializzata da cui non riusciamo a liberarci e credo che questa pastorale non abbia molto futuro. Mi spiego. Abbiamo il gruppo dei bambini, dei ragazzi, il gruppo dei giovanissimi, dei giovani, poi dei giovani-adulti, poi degli adulti-giovani, e quello degli adulti e così via… I gruppi non sono interconnessi e non si conoscono fra di loro. Nell’esperienza che ho fatto come parroco in Italia, un ragazzo non vede l’ora di liberarsi di noi quando arriva alla cresima. L’esperienza della vita normale invece è un’esperienza di famiglia, dove adulti e giovani vivono insieme. L’esortazione Amoris Laetitia mette in evidenza la bellezza unitiva della famiglia e analogicamente questa bellezza unitiva dovremmo riportarla nella pastorale delle comunità.
Che cosa intende, don Giuseppe, per portare la bellezza unitiva della famiglia nella pastorale?
Significa che la famiglia è soggetto non oggetto di evangelizzazione. Siamo soliti invece considerare la famiglia come oggetto di evangelizzazione, difficilmente lo guardiamo come soggetto di evangelizzazione. Innanzitutto abbiamo una realtà comune che è il battesimo. Poi nelle famiglie sulla base del sacramento matrimoniale, agisce la grazia sacramentale. Questo significa che la grazia sacramentale dello Spirito Santo che agisce su un vescovo non è diversa di quella che agisce su una coppia. Questo non significa che esiste la famiglia perfetta. Dio agisce attraverso le crisi, ci ricorda papa Francesco, le quali possono essere preludio di qualcosa di più bello. Pastoralmente andrebbe tutto reimpostato per pensare a un cammino fatto insieme alle famiglie. Questioni difficili che non hanno ancora una risposta.
L’Amoris Laetitia non è un documento prescrittivo, normativo. L’esortazione lascia possibilità di interpretazione?
Il papa non ha voluto aggiungere dettami alla già eccessiva normativa canonica. Al contrario papa Francesco lascia libertà alla creatività e alla progettualità pastorale delle chiese particolari. Non è un documento confuso, ma avvia alcune riflessioni e dà la possibilità di pensare. Pensare con discernimento; per fare questo occorre tempo, riflessione, confronto e non massificare le situazioni,
Infine, don Giuseppe, dovesse invitare i nostri lettori a leggere l’esortazione, da che cosa li farebbe cominciare?
Dal primo punto fino all’ultimo, non è difficile da leggere, magari in famiglia, come stimolo di riflessione.