Pareva che dovesse scoppiare il finimondo, anzi il finieruopa, alla vigilia delle elezioni per il rinnovo del parlamento Europeo del 23-25 maggio scorso. Sembrava che gli euroscettici fossero destinati a scardinare l’ordine del maggiore (e credo unico) parlamento extranazionale del mondo.
E così, invece dello tsunami abbiamo assistito alla tempesta in un bicchier d’acqua. Già sento le critiche di chi ha seguito i successi estremisti in Inghilterra, Francia Germania, e Austria. Ebbene proprio per rispondere a queste critiche mi viene in mente un articolo del “Die Zeit” in cui il redattore paragona il futuro lavoro al Parlamento europeo dei deputati britannici dell’UKIP, francesi del Front National, austriaci del FPÖ e tedeschi dell’AFD alla fatica di Sisifo. Solo, scrive lui (strofinandosi le mani e ignorando volutamente il nostro Movimento 5 Stelle) Sisifo aveva almeno una pietra da spingere. Questi a Strasburgo e Bruxelles non troveranno nemmeno un sasso.
E c’è da crederci. I critici dell’Unione Europea appena eletti al Parlamento Europeo dovranno innanzitutto piegarsi alle regole di quei meccanismi. Il tempo necessario per smantellarli, con i necessari poteri e influenze politiche, gli mancherà del tutto. Ed eccoli condannati a spingere un sasso, nonostante non abbiano nemmeno quello, già destinato a rotolare dall’altra parte. Certamente la vita parlamentare di Strasburgo sarà più ricca di folclore. Le immagini del parlamento Europeo saranno più ricorrenti alla televisione soprattutto quando i soliti leghisti o grillini e lepenniani tireranno fuori lo striscione, i fischietti e, facendo la fortuna delle televisioni private come Telecafone, forse qualche deputata si toglierà pure il reggipetto.
Riassumiamo: euroscettici avanzano ma non sfondano. I numeri ottenuti sono solo sufficienti per una vittoria di Pirro. È evidente che resteranno imbrigliati negli ingranaggi dell’euromacchinaggio e hanno anche sprecato l’effetto sorpresa. Ora il blocco di centro (PPE) e quello di sinistra (Socialdemocratici) hanno ben imparato la lezione e sanno benissimo che se non cambia aria, linguaggio e argomenti, buona notte Parlamento Europeo e i primi a dire addio saranno gli inglesi. Seguiranno Italia e Francia, dove è quasi riuscito il giochetto del capro espiatorio. Tutti a raccontare che le rovine economiche in casa propria sono colpa di un’Unione Europea telecomandata dalla Cancelliera Merkel. Merkel via e Unione via ed ecco tornare il benessere. Difficile a crederci ma il nostro ex Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi aveva cominciato a cavalcare proprio questa insana tesi quando l’acqua, per sua responsabilità, gli era arrivata alla gola.
Ora abbiamo invece una vittoria netta italiana alle Europee. Metteo per tutti! Almeno per il 40% dei votanti. Roba da altri tempi e che, come tante cose degli altri tempi, fa un poco paura. Non vorremmo che Matteo Renzi si svegliasse un bel mattino convinto di essere Dio al 40%. Eh sì perché con questa percentuale facilmente si sballa. Si sballa e si può anche credere di poter andare in Europa a insegnare il mestiere agli altri. Siamo fiduciosi che la presidenza italiana del semestre europeo, condotta da una coalizione di governo che alle europee ha largamente superato il 40%, servirà ad avere un’andatura dritta e uno sguardo ben piantato in quello altrui. Basta però. Tutto il resto nell’Unione Europea e un lavoro che richiede pazienza e umiltà. Le cose cambieranno, certo, ma sarebbe da illusi aspettarsi un’inversione a U nell’arco di pochi anni. L’Unione è un transatlantico non una cinquecento, Ha bisogno dei suoi spazi fisici per le manovre.
L’ultimo aspetto di queste Elezioni Europee ci riguarda da vicino e fa piuttosto male. In Germania ha votato il 5% circa degli elettori. Sono stati spesi per i seggi elettorali istituiti dai consolati oltre un milione e mezzo di Euro. Sono partite da Roma agli oltre quattrocentomila elettori residenti in Germania altrettante lettere raccomandate. Un altro milioncino e più di spesa. Che dire? La cosa fa ancora più male se si pensa che in questi giorni in Germania stiano chiudendo Istituti di cultura e sportelli consolari. Un esempio banale ma che forse serve a richiamare l’attenzione di chi li maneggia tutti sti milioni: Lo sportello consolare in Saarbrücken costa per l’affitto e oneri accessori, riscaldamento, acqua e luce 1250 Euro il mese e sarebbe potuto rimanere aperto al pubblico per i prossimi 104 anni usando i costi dei seggi elettorali in cui qualche presidente di seggio e qualche scrutatore hanno rischiato di morire, accasciandosi dalla noia.