È la prima volta che una donna ricopre questo incarico. Con lei papa Francesco ha nuovamnte conferito a una donna una carica importante. Nuria Calduch-Benages, 63 anni, nata a Barcellona, è docente di Antico Testamento alla Pontifica Università Gregoriana. Missionaria dell’ordine della Sacra Famiglia di Nazaret, è entrata nella Commissione nel 2014. Dei venti membri cinque sono donne. Calduch-Benages inoltre fa parte del comitato scientifico della rivista Storia delle donne (università degli Studi di Firenze) e nel 2008 ha partecipato al Sinodo della Parola come esperta. La posizione di segretario della Commissione viene dopo quella del presidente, che attualmente è il cardinale Luis Ladaria, nonché prefetto della Congregazione per la dottrina della fede.
L’intervista a Nuria Calduch-Benages è di Debora Donnini (Fonte: Vatican News).
Come ha accolto la nomina a segretario della Pontificia Commissione Biblica e che rilevanza ha l’essere donna in questo incarico?
Da una parte, sorpresa, perché non avrei mai immaginato di ricevere questa nomina e dall’altra gratitudine verso tutte quelle persone che hanno confidato in me. Penso che la presenza femminile in questa commissione, come anche in altre, sia un elemento positivo e significativo che apre orizzonti nella Chiesa.
Cosa ha significato l’esperienza di aver partecipato alla Commissione di studio sul diaconato della donna?
Per ben tre anni, dal 2016 al 2019, mi sono impegnata, assieme agli altri membri, nello studio del diaconato della donna. E anche se i risultati ottenuti sono stati considerati per certi versi parziali, l’esperienza vissuta è stata molto arricchente sia dal punto di vista intellettuale ed ecclesiale sia da quello umano. Abbiamo creato tra di noi dei rapporti di amicizia e di collaborazione che continuano ancora.
Al centro dei suoi studi la Sacra Scrittura. Quale secondo lei l’apporto specifico che le donne possono portare affrontando lo studio della Parola di Dio?
La loro competenza, i loro interessi e la loro prospettiva. Si pensi per esempio allo studio delle figure bibliche femminili, dei loro racconti, all’uso delle metafore femminili, all’ermeneutica femminista, e tanti altri aspetti. Quarant’anni fa, quando le donne bibliste erano quasi invisibili, queste tematiche e approcci alla Scrittura non venivano contemplati negli ambienti biblici. Oggi invece sono molto apprezzati da tutti, uomini e donne, e le pubblicazioni diventano sempre più numerose.
Lei insegna Antico Testamento. Debora, Ester, Giuditta…Le figure femminili sono centrali in questi libri della Bibbia mostrando anche un’attenzione alla donna e una rilevanza attribuitale nella storia della salvezza non indifferenti rispetto agli altri popoli contemporanei a Israele. Quale visione della donna emerge da questi testi?
In alcuni racconti biblici, come quelli da Lei citati, le donne appaiono come vere protagoniste della storia di Israele, con una missione importante da compiere in favore del popolo. In altri, invece, sono meri strumenti del potere maschile. In altri ancora, sono totalmente silenziate dagli autori. Quindi, le loro storie non vengono raccontate e, dunque, non possiamo ascoltare la loro voce. Questa è la nostra principale difficoltà. Inoltre, i testi biblici – non dimentichiamolo – sono testi molto antichi in cui la donna viene descritta secondo gli archetipi di ogni epoca e secondo l’ottica androcentrica degli autori.