I rivenditori al minuto hanno adottato una teoria di “libero” mercato valida solo per loro. Dannosa, invece, per i consumatori. Intanto, il 2013 si è chiuso con un’inflazione superiore all’ 1,5 % su base annua. Ma da gennaio, in pratica da pochi mesi, i generi alimentari più comuni hanno registrato un rincaro ben maggiore di quello ipotizzato nel mese precedente.
In Italia, il pane comune costa non meno d’Euro 3,50 il chilo. Il prezzo è medio anche perché tra sud e nord del Paese le differenze ancora ci sono. L’olio d’oliva nazionale si è già attestato ad Euro 5,50 il litro. Un Euro in meno per quello importato da altri Paesi produttori in area UE. Un litro di vino, degno di questo nome, è prezzato non meno d’Euro 3. Chi si accontenta delle confezioni cartonate può pagare, però, anche meno della metà. Il latte è venduto ad Euro 1,70 il litro.  Quasi come il prezzo di un litro di benzina. Dai distributori automatici, quando si trovano, il prezzo cala ad un Euro. In giro di un anno, i latticini sono rincarati del 6%. Frutta e verdura hanno prezzi di tutto rispetto.
Ovviamente, ci riferiamo ai prodotti di stagione. La carne di media qualità prezza Euro 8, 60 il chilo. Ma le bistecche, pur se con molto osso, superano i 13 Euro. Certamente, la tendenza continuerà ad essere al rialzo. Con problemi per coniugare il pranzo con la cena. Di vitto, senza particolari pretese, una famiglia di quattro persone andrà a spendere Euro 500 mensili (Euro 17 il giorno circa).U poco di meno se ci s’indirizza verso i prodotti surgelati. La protesta è generale; ma tutti sembrano “rimetterci”. Dal produttore, al rivenditore, al consumatore, che resta la “vittima”designata. E’ possibile?
Ora, il nostro ragionamento è semplice. Tutti abbiamo necessità di nutrirci. E’ un’esigenza primaria per la sopravvivenza. Allora si potrebbero calmierare, anche in funzione dei redditi accertati, i prezzi di un’ampia serie di prodotti alimentari su base “politica” (in altri termini controllati) per tutti. Per chi intende comprare di più, o di meglio, il mercato potrebbe essere libero. In questo modo, l’indispensabile sarebbe garantito anche alle famiglie in difficoltà, pur lasciando a chi può maggiori spese alimentari. Ai nostri “tecnici” resterebbe da compilare la lista degli alimenti da calmierare e la quantità spettante ad ogni cittadino a prezzo “politico” su base mensile.
Quindi, una sorta di tessera alimentare famigliare. Pur nel concetto di liberalizzazione, un freno misurato su quanto è essenziale si potrebbe pur adottare. Anche se non si vive di solo pane, riteniamo che il Governo sia nelle condizioni per fare proposte in tal significato ai produttori e dettaglianti, sentite anche le forze sociali. Un’idea, finanche se in forma larvata, l’abbiamo presentata. Staremo a vedere se qualcuno sarà in grado di proporre di meglio. Anche perché non sempre di necessità si può fare virtù.